
La giornata di ieri rappresenta una nuova grande tappa della straordinaria carriera di Gianluigi Buffon: a 37 anni, il numero 1 della Juventus e della nazionale, riesce ancora a giocare un quarto di finale di Champions League da assoluto protagonista, dimostrandosi uno dei migliori in campo. Una grande parata per tempo e un sogno: tornare a disputare una finale a Berlino, dove, nel 2006, è diventato campione del mondo con la nazionale.
Se non bastasse già la sua ottima prestazione, sono le dichiarazioni fuori dal campo, durante il commento della partita, a meritare gli applausi: “Le difficoltà a questi livelli ci sono sempre, perché le squadre sono tutte di livello. Noi ce le siamo create da soli, sbagliando in fase di disimpegno e offrendo loro troppe occasioni in contropiede. Ma poi abbiamo meritato. Smettere a 40 anni? No, al momento mi sento bene e smetterò quando mi renderò conto di non esser più me stesso – e aggiunge – Vorrei dedicare questa vittoria a due persone che mi hanno reso orgoglioso di fare questo lavoro e di essere italiano: a Piermario Morosini e Fabrizio Quattrocchi, che è sempre nel mio cuore”.
La dedica a Piermario Morosini, morto in campo a 25 anni durante Pescara-Livorno del 14 aprile 2012, può sembrare quasi scontata. Quella a Fabrizio Quattrocchi, tutt’altro: il 14 aprile del 2004 il militare italiano venne giustiziato in Iraq da milizie irregolari, e prima del colpo letale alla testa esclamò “vi faccio vedere come muore un italiano“.
Buffon non l’ha dimenticato. E per questo merita gli applausi di ogni italiano, aldilà delle rivalità calcistiche.
Renato Montagnolo