Roma, 11 ago – Una moglie e cinque figli, la fila per un pezzo di pane. Aiuti umanitari che, quando arrivano, lo fanno con il contagocce. Per l’Onu, che si serve di un sistema di tracciamento elettronico su ogni veicolo che entra a Gaza, negli ultimi 2 mesi e mezzo solamente il 10% degli alimenti e beni di prima necessità destinati alla Striscia sono arrivati a destinazione. Storie di sete, fame e spari sulla folla: nello specifico quelli dell’esercito israeliano sul popolo palestinese. È morto così mercoledì scorso Suleiman Obeid, 41 anni e una carriera da seconda punta, vissuta danzando con un pallone tra i piedi.
La Perla Nera
Una tragedia calcistica nel – ben più grande – dramma civile. Secondo le stime ufficiali sarebbero oltre 660 le figure legate al mondo dello sport rimaste vittime nei continui massacri perpetrati dall’Idf in questo maledetto angolo di Medio Oriente.
Veloce ed elegante, Suleiman Obeid aveva una certa predisposizione al dribbling e le movenze di Thierry Henry. Nazionale dal 2007 al 2013 – da diversi anni i leoni di Canaan devono fare a meno dei calciatori di Gaza – con più di cento reti in carriera per la sua gente era semplicemente la Perla Nera, il Pelé del popolo palestinese.
Solamente l’aggressione israeliana l’ha costretto lontano dalla sfera di cuoio: a settembre 2023, sulla soglia delle 40 primavere, continuava a vedersi su quei rettangoli verdi, considerati però fin dai primi giorni di guerra come possibili magazzini (rientrando così tra gli obiettivi sensibili) e oggi andati totalmente distrutti.
Il caso Suleiman Obeid: le reazioni social dei campioni
La Uefa nel sintetico ricordo ufficiale reso pubblico via social l’ha definito “un talento che ha dato speranza a innumerevoli bambini, anche nei momenti più bui”. Decisamente critico rispetto all’asciutta uscita della confederazione continentale Mohamed Salah, miglior calciatore (e marcatore) della Premier League 2024/25.
“Potete dirci dove, come e perché è morto?” la tagliente domanda del capitano egiziano. Conosciamo l’avanti del Liverpool – ex di Fiorentina e Roma – per le sue qualità sui campi di gioco. Meno noto è il suo impegno sociale: in passato ha donato 560.000 euro a un ospedale pediatrico del Cairo e altri 380.000 al suo villaggio d’origine per la costruzione di un impianto di potabilizzazione dell’acqua e un sistema di irrigazione.
Un’uscita, quella del nordafricano, non isolata. Un’altra entrata a gamba tesa è arrivata da un mostro sacro del pallone europeo. Ha scritto Eric Cantona su Instagram: “Israele ha appena ucciso la stella della nazionale palestinese Suleiman Al-Obeid mentre aspettava gli aiuti a Rafah. È stato chiamato il Pelé delle Palestina. Per quanto tempo ancora lasceremo che commettano questo genocidio? Palestina libera”.
Le vergognose parole di Weissman
Come non dare ragione a Momo e King Eric? Eppure Ceferin e soci nel “loro piccolo” un segnale potrebbero pure darlo: dal 1994 Israele aderisce all’Uefa e, nonostante tutto, ancora oggi la sua rappresentativa – a differenza della Russia, ad esempio – partecipa alle competizioni ufficiali. Una stridente incongruenza.
A proposito: proprio nei giorni in cui Suleiman Obeid veniva fatalmente falciato dai colpi dell’unica democrazia del Medio Oriente, Shon Weissman si vedeva saltare il passaggio al Fortuna Dusseldorf. Sic et simpliciter, i tifosi non l’hanno voluto. Postava infatti ad inizio conflitto l’attaccante con un breve passaggio nella Salernitana: “Perché non sono state ancora sganciate 200 tonnellate di bombe su Gaza? Perché diavolo non gli sparano in testa? Gaza deve sparire dalle mappe”. Storie di sete, fame e spari sulla folla. Di grandi campioni e piccoli uomini.
Marco Battistini