Roma, 21 ago – Questa mattina, è stato sgomberato lo storico centro sociale Leoncavallo a Milano, in quartiere Greco. L’immobile è stato sequestrato dalla polizia questa mattina, a seguito dell’ordine di sfratto inizialmente previsto per il 9 settembre. Dopo numerosi rinvii, il centro sociale di Via Watteau ha definitivamente cessato di esistere. Lo sgombero è stato eseguito dall’ufficiale giudiziario e dalla Celere insieme ai Carabinieri, dove il centro sociale aveva sede da oltre 30 anni. Il Ministero dell’Interno è stato condannato a risarcire circa 3 milioni di euro ai proprietari dell’area, i fratelli Cabassi, per il mancato sgombero, soldi che avrebbero dovuto essere stati versati dagli occupanti. Ma che cosa non torna in questa storia?
Leoncavallo: uno sfratto senza opposizione
La cosa che è balzata subito all’occhio di tutti è stata l’assoluta mancanza di resistenza da parte degli avventori del centro sociale allo sgombero. Situazione paradossale, data l’importanza storico-simbolica del centro sociale meneghino per la galassia antagonista. Il Leoncavallo negli ultimi anni è stato un centro sociale “dialogante” con forze dell’ordine e Comune, a scapito delle decine di altri spazi occupati dalla sinistra radicale a Milano. Questo fatto – da numerosi osservatori – è stato giustificato con l’esistenza di un’alternativa in cui traslare le attività del centro sociale. Pare infatti che l’associazione “Mamme del Leoncavallo” abbia concordato con il Comune la disponibilità per un immobile comunale in via San Dionigi, zona Rogoredo, spazio designato per diventare la nuova sede per continuare le attività.
La miseria umana dei compagni
“Governo fascista, quando sgomberi CasaPound?” – sono stati numerose le reazioni di questo tipo via social da parte di numerosi militanti, simpatizzanti e avventori del centro sociale milanese. L’augurio di sventure alle realtà altrui, per la galassia antifascista, resta un vile strumento di lotta politica. Poco importa se, in una Nazione con migliaia di occupazioni rosse, ne viene sgomberata una: l’importante è accanirsi contro l’unica alternativa sulla quale sventola il Tricolore. Si dimenticheranno i compagni che, appena tre anni fa, il governo Draghi si accanì contro una delle pochissime sedi occupate da CasaPound a Casal Bertone, quando la polizia alle 6:00 del mattino del 20 gennaio 2022 sgomberò il Circolo Futurista. Denunce e condanne, per i militanti di CasaPound accorsi numerosi a difendere il proprio spazio, ad un orario e condizioni meteo certamente non comode come nel caso dello sfratto di oggi. Nessuno scontro registrato nel corso dello sgombero del “Leonka”, nessuna difesa dello spazio, solo una resa che lascia vari interrogativi sull’effettiva importanza che gli avventori davano al proprio avamposto.
Una fine ingloriosa
In conclusione, si potrebbe dire che lo sgombero del Leoncavallo, da un lato, non sia in nessun modo una notizia di cui gioire. Lo Stato utilizza la forza pubblica per chiudere spazi aggregativi di ogni colore politico. Per chi ha scelto da sempre di rifugiarsi sotto l’ala protettrice della politica, è però ironico finire in secondo piano rispetto alla volontà istituzionale di vendere lo spazio occupato per creare alberghi e alloggi di lusso. A parte un pugno di femministe e zero antagonisti radicali, nessuno è andato ad opporsi allo sgombero di un luogo – ormai diventato un discoclub con tanto di sicurezza – in cui droga e altre pratiche poco legate a lotte politiche avevano preso il sopravvento. Tutti quei richiedenti asilo a cui le Mamme Antifasciste regalavano piatti di pasta e telefonini non si sono presentati. La fine del Leoncavallo, in sostanza, segna la fine di una farsa, senza opposizione, che probabilmente riaprirà un nuovo capitolo con l’assenso della politica milanese.
I commenti della politica
Numerosi sono stati i commenti degli esponenti politici milanesi e non, che hanno seguito la linea “e allora CasaPound?”. “Lo sgombero del Leoncavallo, presentato dal ministro Piantedosi come un trionfo di legalità, dimostra ancora una volta l’ipocrisia e il doppiopesismo di questo governo. Un presidio culturale, sociale e politico attivo da oltre trent’anni a Milano, che ha dato voce a generazioni di giovani, artisti e attivisti, viene liquidato come semplice ‘illegalità’, mentre l’immobile occupato dai fascisti di Casapound nel cuore di Roma resta intoccabile per Piantedosi. Ci aspettiamo ora lo sgombero immediato di via Napoleone III, dove da anni Casapound occupa un immobile pubblico in pieno centro a Roma” – ha affermato indignato il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Sulla stessa linea le affermazioni del segretario PD Milano Metropolitana, Alessandro Capelli: “Il Leoncavallo per 50 anni è stato un tassello importante della storia di Milano. È stato, anche per la mia generazione, un punto di riferimento per tante e tanti. I Ministri della legalità a targhe alterne (Salvini e Piantedosi): distratti quando Casapound rimane serenamente al suo posto al centro di Roma. E di fronte a chi protegge Casapound e sgombera il Leoncavallo, la nostra strada è mettere davanti il diritto di Milano alla socializzazione e cultura dal basso” – ha concluso. Anche l’ex senatore di centrodestra Elio Vito, che fu esponente di Forza Italia, contro CasaPound: “Sgomberato il Leoncavallo, adesso toccherà a loro vero?”, mentre Maurizio Gasparri si complimenta con le forze dell’ordine: “Ho fatto i miei complimenti, tramite il ministro dell’Interno, a tutti i rappresentanti dello Stato impegnati nello storico sgombero del Leoncavallo. Questa occupazione abusiva ha determinato una serie di episodi inquietanti che hanno caratterizzato in maniera negativa la vita della citta’ di Milano e sono rimasti ben impressi nella memoria della gente onesta”.
Patrizio Podestà