Home » Perché Carl Schmitt aveva ragione: la politica è un conflitto epocale

Perché Carl Schmitt aveva ragione: la politica è un conflitto epocale

by Michele Cucchi
0 commento
Schmitt

Roma, 29 ago – Carl Schmitt, uno dei pensatori politici più influenti del XX secolo, fu in grado di elaborare una interpretazione dello scontro politico del tutto estranea al tipico schema relativista-pluralista di matrice liberale, ossia la visione secondo la quale ogni tipo di opinione, anche la più moralmente discutibile, possa coesistere nel terreno del compromesso e dello scambio reciproco di opinioni. Visione che del resto ben si collega con la concezione di “fine della storia”, che prese piede proprio dopo la caduta del muro di Berlino, quando si pensava che ormai non ci fosse più nulla per cui lottare, ma tutto da godere.

Il pensiero di Schmitt

La guerra e l’ideologia, sono ormai considerati retaggi del passato, soprattutto in questa porzione di pianeta dove la costruzione del benessere ha spezzato sul nascere ogni forma di spinta vitale e volontà di potenza. Illusione tragicamente smentita dalla realtà, in quanto le cause della guerra non sono tanto da ricondursi a determinate forme di governo o a interessi di particolari élite (anche perché è sempre la moltitudine a creare il singolo, mai viceversa) bensì alla stessa natura umana, che ha da sempre mostrato una predisposizione a questa costante antropologica. Sigmund Freud comprese appieno ciò: “L’uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d’amore, capace al massimo di difendersi quando è attaccata; è vero invece che occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una certa dose di aggressività”. Schmitt dunque mette in discussione l’interpretazione kantiana della realtà, concependo lo scontro politico come una vera e propria guerra esistenziale, per la quale il concetto del politico si fonda sulla distinzione tra amico e nemico, non su quella tra buono e cattivo, categorie determinate in fin dei conti solo dal successo e in molti casi anche dall’estetica.

L’avversario come minaccia esistenziale

Nella visione di Schmitt, sicuramente disillusa e tragica, ma che pare trovare riscontro nella storia umana, l’avversario non è identificato come un semplice oppositore che ti contraddice, bensì un vero e proprio nemico esistenziale, che minaccia i tuoi valori, la tua natura, il tuo modo di essere, ma anche la tua nazione e il tuo gruppo. La politica, secondo questa concezione cruda, non è dunque semplice dibattito e scontro ideale, bensì tra posizioni e visioni del mondo inconciliabili. Il mito della morale cristiano-aristotelica secondo la quale gli esseri umani sono fondamentalmente buoni, è rassicurante e ottimista, ma per Schmitt, Hobbes, Nietzsche e altri pensatori affini non è altro che una pericolosa illusione, poiché nega la natura tribale dell’essere umano e porta al relativismo diffuso, con la conseguente perdita di punti saldi di riferimento all’interno della società.

Schmitt nel conflitto epocale

Una ricerca dell’ordine, dunque, attraverso il conflitto, che è ben sovrapponibile alla concezione marinettiana della guerra, concepita come forza motrice del processo storico, concetto presente proprio nel Manifesto del futurismo (“Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari”). Una weltanshauung cinica, poiché non edulcora la realtà con ideologismi astratti, senza promettere scenari utopici o paradisiaci, né in cielo né in terra. Ma può essere uno spunto di riflessione (specialmente in periodi di crisi valoriale) poiché il vero übermensch di stampo nietzschiano non si rifugia nell’autocommiserazione, ma piuttosto accetta il reale, afferma la vita nella sua interezza, includendo in essa il sacrificio, la gerarchia, la lotta.

Michele Cucchi

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati