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I magnifici sette, un western che viene da Oriente

by Roberto Johnny Bresso
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“Come quel tale a El Paso… una mattina si svegliò e si arrampicò nudo sopra un cactus. Anch’io gli chiesi perché… E lui disse che gli era parsa una buona idea al momento”.

Roma, 4 ott – Apparentemente sembrano esserci pochi mondi così distanti come il Far West americano e l’estremo oriente giapponese. Eppure spesso nel cinema i due estremi hanno finito per toccarsi, soprattutto nel condividere un comune modo di presentare il concetto di onore e coraggio. È il caso del capolavoro di John Sturges I magnifici sette, di cui ci occuperemo oggi.

Dal Giappone alla frontiera americana

Nel 1954 il celebre regista nipponico Akira Kurosawa scrive, dirige e monta quello che ancora oggi è considerato il suo capolavoro assoluto, vale a dire I sette samurai. Siamo alla fine del XVI secolo ed un gruppo di contadini disperati è alla ricerca di qualcuno che li possa difendere da una banda di predoni che periodicamente assalta il loro villaggio. Consigliati dall’anziano della comunità, decidono di reclutare un gruppo di sette samurai senza padrone, i cosiddetti Ronin. Dopo aspre e lunghe battaglie avranno la meglio, ma resteranno vivi solamente in tre.

Pochi anni dopo, precisamente nel 1960, il regista e produttore John Sturges comprende che la storia, che lancia un messaggio di fatto universale, si adatti perfettamente ad essere trasferita nella frontiera americana, affidandone la sceneggiatura a William Roberts. Ecco che nasce così l’idea de I magnifici sette (The Magnificent Seven, in originale).

I magnifici sette

Siamo in un modesto villaggio messicano vicino alla frontiera con gli Stati Uniti. Qui i contadini sono costantemente vessati dal bandito Calvera (uno straordinario Eli Wallach). Decidono quindi di varcare il confine per reclutare un gruppo di pistoleri mercenari affinché possano difenderli. Conosciuto Chris Adams (Yul Brinner), affidano a lui il compito di reclutare una squadra. Chris si rende subito conto che non sarà un lavoro particolarmente remunerativo. Ma, colpito dal fatto che i messicani siano disposti a dare loro tutto ciò che possiedono, accetta l’incarico. Ecco così che, insieme a Vin (Steve McQueen), recluta Charles Bronson, Brad Dexter, Robert Vaughn, James Coburn e Horst Buchholz. Dopo aspre battaglie dagli alterni risultati, Calvera viene sconfitto ed ucciso. Ma, come nell’originale giapponese, saranno solamente in tre a sopravvivere.

Al di là della trama, che può sembrare simile a tante altre pellicole dal tema analogo, ciò che colpisce maggiormente del film è la profonda analisi psicologica dei personaggi. I dialoghi da imparare a memoria, sono il fulcro della storia, tanto quanto le battaglie. I sette mercenari infatti sono spinti dalle più disparate motivazioni: chi lo fa per senso dell’onore, chi per sfida, chi per sfuggire alla giustizia, chi sogna improbabili ricchezze, chi perché è disperato e chi invece è affascinato da questo mondo che applica codici tutti suoi.

Spirito d’avventura

In questo non sono poi così distanti dalle motivazioni degli antagonisti, Caldera e la sua banda, con i quali è chiaro subito che i sette, in un altro contesto, sarebbero potuti diventare soci e non rivali. Lo spirito d’avventura è forte, ma sembra anche emergere una sorta di invidia verso la vita dei contadini, che di fatto coltivano quei legami con la terra e con la famiglia che essi hanno deciso di non avere. Emblematica la frase finale di Chris che ammette che a vincere siano stati i contadini, mentre loro perdono sempre. Ideale ponte tra le due comunità è il giovane Chico, unitosi al gruppo per diventare come loro ed inseguire la gloria. Finisce invece per restare al villaggio a coltivare la terra con la donna della quale si è innamorato.

Il successo del film fu enorme, tanto che se ne fecero tre sequel (nel primo dei quali tornò Yul Brinner, come unico membro del cast originale), una serie tv ed un remake ambientato nello spazio. Nel 2016 poi uscì il remake I magnifici 7, diretto da Antoine Fuqua, che, abbastanza a sorpresa, funzionò piuttosto bene.

Qualche curiosità sui magnifici sette

Concludiamo con alcune curiosità. L’unica vera star all’epoca era Yul Brinner, ma il film fornì da trampolino di lancio a quasi tutti gli attori, tanto che di fatto fu Steve McQueen (all’epoca considerato più un pilota di auto che un attore) a rubare la scena, al punto che tra i due nacquero parecchie gelosie. Iconico fu anche il tema musicale del film, composto da Elmer Bernstein, mentre nel 1980 i Clash incisero una canzone dal titolo The Magnificent Seven. I sette samurai, per concludere, non fu l’unica incursione di Kurosawa nel West: infatti la sua La sfida del samurai ispirò Per un pugno di dollari di Sergio Leone e Ancora vivo – Last Man Standing di Walter Hill.

Roberto Johnny Bresso

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