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Voci notturne, i trent’anni di un capolavoro dimenticato

by Marco Battistini
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“Dove finisce la ragione comincia un territorio che non ci appartiene, nel quale siamo intrusi: una terra che ha regole che non conosciamo, dove si parla una lingua misteriosa e dove le nostre logiche non sono utilizzabili in alcun modo”.

Roma, 15 ott – Il ritrovamento di un cadavere, parzialmente dilaniato dai roditori sulle rive del Tevere, una sfibrante indagine condotta su tre livelli totalmente differenti. Esattamente trent’anni fa sulle frequenze televisive di mamma Rai andava in onda (in seconda serata) l’ultima puntata di Voci notturne. Una miniserie nata dal genio di Pupi Avati.

Un (quasi) lost media

Eppure non stiamo parlando di una fiction campione d’ascolti. Tutt’altro. Vuoi per la trama – a detta degli esperti troppo colta e complessa per l’allora pubblico medio del piccolo schermo, figuriamoci quindi per quello del terzo millennio – vuoi per tempistiche non proprio lungimiranti (la contemporaneità con una partita della Nazionale non è mai una buona idea) il riscontro in termini numerici non arrivò. Tanto che l’emittente pubblico decise di accorpare il quarto e il quinto appuntamento in un’unica data, trasmettendo così il finale a notte inoltrata.

Tornerà sul tubo catodico, con qualche taglio rispetto all’edizione del 1995, solamente nel 2013. Sui “canali alti”, ad orari ai limiti dell’improponibile. Pare oltretutto che nel frattempo la stessa Rai abbia perso le pellicole originali. Così, solo grazie a qualche appassionato del genere si può ancora trovare la versione integrale disarticolata in qua e in là su YouTube. Più recentemente si sono occupati di Voci notturne anche gli amici di Progetto Razzia in un paio di approfondimenti insieme ad Andrea Anselmo (esperto di tradizioni e folklore europei). Nel podcast del 24 settembre Taietti ha dato voce anche ad Andrea Scarabelli e Claudio Bartolini, rispettivamente autore e prefatore di uno specifico volume edito dai tipi di Bietti

Voci notturne, dall’Italia degli anni ‘90 alla Roma arcaica

Crudele e ricercata, la trama scritta da Pupi Avati si sviluppa attorno ai misfatti della famiglia Fiorenza. Il corpo senza vita del giovane Giacomo sembra legarsi a una brutta storia di corruzione – Tangentopoli allora era materiale freschissimo – che vede implicato il padre dello studente universitario insieme a non meglio precisati politici e magistrati. 

Fin da subito, però, qualcosa sembra non tornare. La fretta dello stesso genitore nel voler convincere gli inquirenti che si tratti di una perfida vendetta di qualcuno di “molto potente”, una telefonata (la prima di una lunga serie) di poche ore antecedenti al rinvenimento nella quale il ragazzo, per di più dagli Stati Uniti, avrebbe rassicurato i suoi cari. E poi quei semi di silfio – una particolare pianta originaria della Cirenaica ma estinta ormai da secoli – trovati nello stomaco dai medici dell’autopsia.

A chiarire – anzi, a complicare – un po’ le cose, la ricerca universitaria del ragazzo. Portata avanti insieme all’amico Stefano Baldi, sulle origini del Ponte Sublicio. Ovvero una costruzione interamente lignea della Roma arcaica affidata ai pontefici (facitori del ponte) e collegata al rito degli Argei – probabilmente antichissimi sacrifici umani.

Norberto Sinisgalli e Maria Valover

Alle indagini convenzionali – e alle ricerche effettuate negli Usa da un investigatore privato troppo distratto dalla dolce compagnia delle prostitute – viene quindi aggiunta la pista esoterica. Gli studi di Baldi e Fiorenza, infatti, nascono dal ritrovamento casuale di vecchi appunti appartenenti a tale Norberto Sinisgalli, studente di architettura a cavallo delle due guerre.

Quest’ultima figura, centrale di tutta la trama – sebbene appaia in video solamente due volte, la seconda addirittura in una sua foto da giovane – viene ricostruita a poco a poco nel corso della serie. Controverso, se vogliamo anche intellettualmente affascinante (per certi versi assimilabile ad Evola), sappiamo della sua grande passione per le arti classiche. Non imparate, ma presumibilmente ricordo di vite precedenti. Assiduo frequentatore del ricco salotto di Maria Valover – il cui fantasma, velato di nero, ancora si aggirerebbe per la Città Eterna – con l’occupazione americana di Roma sparì letteralmente nel nulla.

Destini incrociati

Un fitto intreccio di poliziesco e soprannaturale, storia e esoterismo, nel quale – telefonata dopo telefonata – trova spazio anche la dimensione umana della vittima. Nelle battute finali la voce di Giacomo Fiorenza accenna alla veloce temporaneità di questa sua condizione. Una sorta di limbo, destino beffardamente condiviso con la serie di cui è protagonista. Oggi presente solamente on-line, Voci Notturne potrebbe sparire definitivamente con un semplice click

Marco Battistini

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