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Instagram spegne i social del Blocco Studentesco dopo la vittoria elettorale: “non rispetta gli standard”

by La Redazione
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Roma, 14 nov – Mentre va in scena l’ennesimo “No Meloni Day” – con l’intera infrastruttura mediatica pronta a denunciare quotidianamente la “deriva antidemocratica e fascista” dell’Italia – esiste una censura reale di cui non parla nessuno: quella che colpisce sistematicamente gli studenti del Blocco Studentesco, ma più in generale i contenuti politici sui social che non rispecchiano un determinato recinto ideologico.

Dopo il successo alla CPS di Cagliari Instagram spegne i social

L’ultimo episodio si lega a quanto già riportato dal Primato Nazionale due giorni fa: a Cagliari le elezioni studentesche del della CPS hanno visto la vittoria della lista guidata dal movimento giovanile di CasaPound, che per la prima volta nel capoluogo sardo ha espresso il proprio presidente. Ma soltanto poche ore dopo l’annuncio dato dal profilo nazionale del movimento e dalla sua omonima sarda, Instagram ha sospeso senza preavviso entrambi gli account. Nessuna segnalazione precedente, nessuna motivazione circostanziata, nessun canale di dialogo con chi dovrebbe garantire trasparenza e tutele digitali: solo l’ennesimo messaggio automatico che recita la formula rituale, “non rispetta gli standard della nostra Community”. Eppure, fanno sapere dai propri canali i ragazzi del fulmine cerchiato, quello stesso profilo, per un anno intero, non aveva ricevuto nemmeno un avviso o la rimozione di un singolo post. Poi, nel momento esatto in cui gli studenti identitari vincono un’elezione importante, cala la mannaia dei moderatori. Il movimento, attraverso un comunicato, ha parlato chiaramente di un atto «censorio» e «punitivo», una «coincidenza troppo perfetta» per non apparire per ciò che è. La sospensione, si legge, «mette in luce la dipendenza della partecipazione studentesca dai capricci di piattaforme private che decidono cosa può circolare e cosa no, quali visioni politiche possono essere ascoltate e quali devono sparire con un clic». Un punto dirimente, perché riguarda non solo il Blocco, ma l’autonomia degli studenti italiani nel loro complesso.

Un’infrastruttura digitale che non è neutrale

Il problema è evidente a chiunque non sia offuscato da pregiudizi politici: i social sono diventati l’infrastruttura attraverso cui passa buona parte della comunicazione politica, anche quella che arriva o parte dalle scuole. Ma questa infrastruttura non è neutrale. Le stesse piattaforme che colpiscono ripetutamente il Blocco, CPI o altre realtà identitarie lasciano campo libero a contenuti infinitamente più aggressivi quando provengono dai soggetti “giusti”: apologie della rivoluzione bolscevica sui canali di Rete degli Studenti Medi (un sindacato studentesco con quasi 15.000 iscritti), organizzazioni antifà che convocano raid e contro-manifestazioni con il solo ausilio dei direct, campagne d’odio selettive e molto poco spontanee che sono il pane quotidiano dei collettivi studenteschi e universitari di sinistra. Tutto tollerato, tutto ritenuto perfettamente compatibile con quegli stessi “standard della Community” che condannano altri alla scomparsa digitale. E così la censura, più che una percezione diventa un metodo di repressione di un’area politica che non rientra nel racconto rassicurante della “gioventù progressista” così cara a quotidiani e talk show.

Chi può condividere la sua politica e chi no

Il Blocco Studentesco produce rappresentanza reale, vince le elezioni scolastiche, mette radici nelle scuole con progetti, iniziative, presenze fisiche. Eppure non può “condividere” la sua politica. Sarà che il mondo studentesco deve essere mostrato sempre e comunque come progressista, uniforme, rassicurante. Una vecchia storia che va bene un po’ a tutti. Ma il punto sollevato rimane politico e centrale: l’Italia non può più permettersi che l’autonomia degli studenti venga filtrata da una burocrazia digitale opaca che esegue interessi privati. È necessario aprire un dibattito reale, culturale e istituzionale, su come garantire spazi digitali non ostili alla rappresentanza studentesca. Gli strumenti ci sono: la Costituzione, in primis, tutela libertà di espressione e associazione; il Digital Services Act impone trasparenza alle piattaforme; lo Statuto degli studenti garantisce la rappresentanza. In gioco non c’è il diritto degli studenti a esistere politicamente.

Vincenzo Monti

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