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Brigitte Bardot, una femminilità dirompente e combattiva. Ma soprattutto politica

by Gabriele Adinolfi
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Roma, 29 dic – Il 2025 si è aperto con la morte di Jean-Marie Le Pen e si è chiuso con quella di Brigitte Bardot. Tra i due c’era molta più vicinanza di quanto s’immagini. E questo al di là di una vecchia relazione che in molti danno per scontata e che ritengo naturale esattamente come le mitologiche avventure delle figure divine dell’antichità. Perché Brigitte Bardot è stata donna di scandalo e di armonia, di rivolta e di rettifica ordinata, esattamente come il “Menhir”. Impegnata dal 1962 nell’animalismo, non disdegnò comunque l’impegno prettamente politico, contro il gollismo, contro il comunismo, contro il conformismo e contro il “gauchisme”. Si definiva patriota.

Il sogno di tutti i maschi

Nel 1956 divenne il sogno di tutti i maschi del pianeta con il film di Roger Vadim “E Dio creò la donna”. Egli lo fece in modo così perfetto che, assistendo a questa sua creatura si dovette sentire Pigmalione o, più probabilmente, provare Ei pure un po’ d’invidia luciferina per il creato. Solo due anni dopo, senza tema di mandare in fumo i vantaggi della sua popolarità, la troviamo immortalata in una foto in bianco e nero con un giovane Le Pen (lui 30 anni e lei 24) e con il presidente degli universitari di Algeri, Pierre Lagaillarde, mentre si reca a confortare i feriti dall’FLN algerino.

Nell’occasione divenne amica di Susini, uno dei capi dell’OAS, l’associazione segreta per l’Algeria Francese, che molti anni dopo sarà candidato nelle liste del Front National. Nel 1965 renderà visita sulla sua spiaggia alla Carovana per Tixier de Vignancourt, che sta facendo campagna presidenziale contro De Gaulle, appunto per l’avvocato difensore dell’OAS. L’organizzatore? Jean-Marie Le Pen.

L’equivoco politico su Brigitte Bardot

L’equivoco per il quale alcuni la scambieranno per gollista s’ingenererà per la sua partecipazione alla manifestazione del 30 maggio 1968 sugli Champs-Elysées durante la risposta oceanica alle sedizioni marxiste che avevano paralizzato la nazione. C’erano anche Gilbert Becaud, lui sì gollista, ma anche Alain Delon, già volontario in Indocina, che era chiaramente di estrema destra e che oltre a frequentare assiduamente casa Le Pen, avrebbe anche offerto la sua disponibilità per essere messo in lista nell’FN.

Delon è morto un anno prima della mitica BB, ma negli ultimi mesi delle loro vite la guerra in Ucraina li ha visti ancora una volta accomunati dalla parte giusta senza esitazioni. Se Alain ha fatto pubblicamente propaganda per la causa di Kiev, la Bardot, già il 15 marzo 2022, in un comunicato esprimeva “rivolta” per l’invasione russa, definendo l’inazione dell’Europa e di Macron una “vergogna”. Successivamente augurava forza al popolo ucraino, usando hashtag come #standwithukraine, e criticando l’insufficienza degli aiuti umanitari forniti.

“Respirava politica”

Non era impegnata in politica, ma la respirava. Il suo ultimo marito, Bernard d’Ormale, era membro del FN e le fu presentato dai coniugi Le Pen. Non ha mai avuto peli sulla lingua tanto dall’essere stata condannata per due volte per le critiche alla politica immigratoria.

Nel ricordarla sui social, Frédéric Chatillon (“Fred”) lo storico capo del GUD, una delle figure più note di quella che si può definire la destra radicale francese, ricorda come il giorno in cui morì suo padre, la prima persona che lo chiamò per attestargli la propria vicinanza fu proprio la divina attrice, seguita poi da Le Pen. Roland Hélie mi ha rivelato che un libro dedicato di recente al gruppo musicale identitario femminile Les Brigandes, edito da Synthèse Nationale – che stampa anche miei libri – ha goduto della prefazione di Brigitte Bardot.

Queste precisazioni non sono finalizzate ad “appropriarci” di Brigitte Bardot, comunque sempre a noi vicina, perché sarebbe sia ingiusto che riduttivo. Bensì a rimettere a fuoco l’immagine della realtà. Perché il problema, dovuto alla metodologia gramscian-leninista che ha concesso a minoranze organizzate di appropriarsi dei filtri della propaganda, è che la realtà viene sempre travisata e se ne riceve così una percezione inesatta e spesso capovolta.

Realtà, privilegi e propaganda

Non è mai stato vero che la cultura sia di sinistra, come non è mai stato vero che l’intelligenza sia di sinistra. Non è vero che gli altri (la destra? I fascisti?) siano emarginati. Lo sono nei privilegi e nella propaganda perché non hanno occupato i crocevia della (dis)informazione, ma non lo sono affatto nel mondo reale.

Prendiamo il mondo artistico e cinematografico francese degli anni sessanta. Certo, ci sono diversi comunisti e gauchistes, ma quante figure iconiche dall’altra parte? BB, Delon, Belmondo, e ancora Becaud, Françoise Hardy, e – come “anarchici di destra” – Antoine e Jonny Halliday. Nella letteratura e nel teatro, giganti come Sacha Guitry e Jean Anouilh, Antoine Blondin e Georges Simenon (belga, ma francofono). Si vocifera di uno Jacques Audiart appartenente a un “campo largo” di libertà contro la tirannide ideologica della sinistra. E ne dimentico più d’uno.

La vulgata non corrisponde alla verità che i tiranni presentano sistematicamente rovesciata. Ci riescono perché sono organizzati, quasi militarizzati. L’esempio più emblematico è come la propaganda della Lubjanka faccia presa al punto che si sente parlare di presunte e infondate “ragioni russe” nel conflitto in atto e viene percepito il clamoroso fiasco militare di Mosca come un’irresistibile avanzata che si registra solo in un mondo parallelo. Chi è libero, difficilmente fa squadra per disinformare e ancor più difficilmente è disposto a mentire o a mentirsi: è questa la ragione per cui prevale sempre la menzogna.

La realtà è molto diversa da come la presentano i commissari politici delle psicopatie. Anche a proposito dell’odio che si dovrebbe provare nei nostri confronti. Jean-Paule Sartre ebbe parole di stima per Pierre Drieu La Rochelle quando ne commentò il suicidio. Juliette Greco, la musa comunista ed ebrea dell’esistenzialismo, fu l’amante di Christian de la Mazière. SS francese poi passato nel mondo del cinema e che più tardi militerà in Troisième Voie dell’appena scomparso Jean-Gilles Mallarakis. Tra le sue conquiste anche Dalila. Si è parlato anche di un flirt con Brigitte Bardot, ma in fondo è irrilevante.

La particolare femminilità di Brigitte Bardot

Rilevante è invece un’altra cosa. BB espresse ed incarnò la femminilità dirompente, indipendente, combattiva. La femminilità che si ribellò alle regole puritane e conformiste che la controrivoluzione clerical-comunista del 1945 aveva imposto alla nostre società, facendola regredire. Si pensi a quel poveraccio di Oscar Luigi Scalfaro che schiaffeggiò una signora in un ristorante per la sua scollatura! Emblema della rivolta naturale, profonda, un tantino pagana, fu la locomotiva della rivoluzione dei costumi. Troppo femmina, troppo indipendente, troppo autonoma, troppo libera, per perdersi nei piagnistei femministi. Brigitte Bardot ha fatto da sola tutto quello che le frustrate non sono state nemmeno capaci d’immaginare.

Così, mentre la sinistra blatera di patriarcato invisibile e si presenta come emancipatrice delle donne, se facciamo l’elenco di chi ha segnato punti in questo campo, resteremo stupiti. A parte le Ausiliarie, prime donne nell’esercito, che dire di Evita Perón, di Marine Le Pen, di Giorgia Meloni?

E tutto questo in mezzo a uomini che sono dipinti come machisti e misogeni e invece non hanno complessi nel rapportarsi con loro. Perché, evidentemente, sono uomini di per sé e, a differenza dei maschietti problematici che devono frequentare le patriarchicide, non sentono il bisogno di rimpicciolire la donna per sentirsi maschi, né quella di regredire in bambinetti per farsi coccolare da compagne che fungono da madri, insegnano loro come comportarsi e li mettono regolarmente in castigo. Stupidelli che BB non avrebbe degnato di uno sguardo.

Né si sarebbe occupata di tutte le paladine della causa femminile che parlano, parlano, parlano a vuoto, e se possono esibirsi nelle proprie nullità è comunque grazie a quello che ha fatto lei. Dio creò la donna, ma ora ne ha sentito la nostalgia e l’ha rivoluta indietro.

Gabriele Adinolfi

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