
E’ vero: con Beeklam, ad accentuare l’aura della aristocratica separatezza, c’è il domestico Viktor, e c’è Lampe, domestico di Reginald. C’è una comunicazione fatta di parole e soprattutto di silenzi: perché “la vera vita è fuori dalla parola”. La vera vita è reticolo di parole tra simili: un terribile silenzio, per gli altri. La vera vita è il complesso geroglifico della natura che si cerca di scoprire con istinto visionario. E’ la rinuncia ad opere e giorni frenetici nel fervore amatoriale di una collezione fatta di marmo e di acqua. E’ la cerca in un mondo interiore dove il profilo dei ricordi mescola suggestioni ed emozioni, sogni ed incubi, stati di coscienza alterati e percezioni sottili di un altrove che sei incerto se definire sublime o infero. E’ l’immobile trascorrere, con soste alle fermate della memoria, tra scorci di paesaggi e frantumi di volti, e di colloqui, e di pensieri. E’ l’abbandono inesausto e innocente all’assurdo che ti difende dagli altrettanto inesausti- e sempre meno innocenti- interrogativi senza risposta, formulati per afferrare il senso e costruire su questo una “ragione”. E’ l’estrema fuga in altri paesaggi rarefatti e “alieni” dove si vive di altri approdi e di altri naufragi. E dove, magari, lontani dai sotterranei e col cielo sopra di noi, può confortarci la comunione con una Donna, che è Dea di misteri, Signora di uno sconfinato Oltre, Messaggera di Liberazione e di Morte.
E’ questo che Fleur, affabulatrice chiaroveggente, ci suggerisce, (mis)credendoci?
Mario Bernardi Guardi