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A più di settant’anni dalla stesura della nostra Carta costituzionale, vengono realmente perseguiti gli obiettivi posti dai principi? La risposta è difficile, perché ciò che giornalmente accade nel sistema penitenziario italiano, talvolta, smentisce quanto enunciato dal nostro ordinamento.
E’ il caso di Andrea Bufano, un giovane leccese che, proprio nella giornata di ieri, è tornato in carcere per scontare la pena residuale che gli fu applicata dopo aver commesso cinque rapine nel lontano 2001. Dopo diversi anni passati tra carcere, arresti domiciliari e servizi sociali, Andrea finisce nuovamente sotto processo nel 2005, questa volta per possesso di cocaina. Uscito dall’istituto penitenziario grazie all’indulto, decide però di cambiare vita: niente più sostanze stupefacenti, niente più vita sregolata, niente più eccessi.
Ma non è finita: per un grave errore giudiziario, balzerà agli onori della cronaca nel 2013, in seguito all’invasione di campo avvenuta durante Lecce-Carpi, per cui gli vengono contestati i reati di minacce e resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Queste accuse gli costeranno 90 giorni nel carcere di Bologna, per poi essere sconfessate dai sistemi di videosorveglianza.
Arriva però il momento di raccontare se stesso, di “denudarsi davanti al suo
Poi, una volta tanto che le cose vanno come dovrebbero, una volta che un ex detenuto ha la possibilità di reinserirsi nella società e di riacquistare, con le sue forze, quella dignità che ha perso negli anni, arriva la notifica da parte dei Carabinieri di un provvedimento che prevede 1 anno e mezzo di carcere.
E’ proprio il caso di chiederselo: è questo il senso della teoria rieducativa della pena imposta dalla nostra Costituzione?
Marco Fortunato