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La teoria rieducativa della pena e il caso Andrea Bufano

by La Redazione
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L12325233_10207244248136978_373557029_necce, 7 dic – “Le pene (…) devono tendere alla rieducazione del condannato”: recita così l’articolo 27, terzo comma, della nostra Costituzione, secondo il quale la pena svolge una funzione rieducativa e di reinserimento sociale del condannato.

A più di settant’anni dalla stesura della nostra Carta costituzionale, vengono realmente perseguiti gli obiettivi posti dai principi? La risposta è difficile, perché ciò che giornalmente accade nel sistema penitenziario italiano, talvolta, smentisce quanto enunciato dal nostro ordinamento.

E’ il caso di Andrea Bufano, un giovane leccese che, proprio nella giornata di ieri, è tornato in carcere per scontare la pena residuale che gli fu applicata dopo aver commesso cinque rapine nel lontano 2001. Dopo diversi anni passati tra carcere, arresti domiciliari e servizi sociali, Andrea finisce nuovamente sotto processo nel 2005, questa volta per possesso di cocaina. Uscito dall’istituto penitenziario grazie all’indulto, decide però di cambiare vita: niente più sostanze stupefacenti, niente più vita sregolata, niente più eccessi.

Ma non è finita: per un grave errore giudiziario, balzerà agli onori della cronaca nel 2013, in seguito all’invasione di campo avvenuta durante Lecce-Carpi, per cui gli vengono contestati i reati di minacce e resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Queste accuse gli costeranno 90 giorni nel carcere di Bologna, per poi essere sconfessate dai sistemi di videosorveglianza.

Arriva però il momento di raccontare se stesso, di “denudarsi davanti al suo12346710_10207244248336983_644298751_n lettore” (come dice lo stesso Andrea). Scriverà un libro intitolato Neve a Giugno, svolgendo diverse presentazioni presso istituti scolastici, comuni, luoghi privati, per far capire a tutti quali sono le reali conseguenze di determinate scelte. Nei mesi in cui presenta il libro, troverà diverse riserve da parte di chi proprio non vuole ascoltare e non concepisce come un condannato possa dare un insegnamento ai più giovani. Questo sarà il motivo che lo porterà ad avere ancora più tenacia e determinazione, valori che faranno sì che venga apprezzato da chi ha avuto modo di conoscerlo personalmente.

Poi, una volta tanto che le cose vanno come dovrebbero, una volta che un ex detenuto ha la possibilità di reinserirsi nella società e di riacquistare, con le sue forze, quella dignità che ha perso negli anni, arriva la notifica da parte dei Carabinieri di un provvedimento che prevede 1 anno e mezzo di carcere.

E’ proprio il caso di chiederselo: è questo il senso della teoria rieducativa della pena imposta dalla nostra Costituzione?

Marco Fortunato

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