
Simone e Valerio scopriranno un giorno terribile della loro vita di essere affetti da SLA Sindrome laterale amiotrofica. I due, caso vuole, finiscono nella stessa stanza d’ospedale, ad affrontare la vita e a chiedersi insieme se arrivati a questo punto sia meglio morire o continuare a vivere. La domanda sorge spontanea: c’è dignità nel dolore? Anche in questo spettacolo, Nobili prende spunto dall’attualità e non si tira indietro nel grande dibattito sull’eutanasia, suggerendo sfumature di pensiero che interrogano lo spettatore sull’argomento. La sceneggiatura è ricca di riflessioni ben studiate, ma quello che più colpisce nella messa in scena è l’ottimo utilizzo delle luci, che dirigono lo sguardo e la mente di chi osserva, delineando con precisione lo spazio d’azione. La musica, le luci e i ritmici spostamenti degli attori sul palco hanno un sapore quasi cinematografico.
Un cast ed una regia che non hanno paura di affrontare il dolore, protagonista di tante realtà. Il tutto è narrato attraverso la voce e gli occhi del Dottor Bortis (un bravissimo Marco Giustini, eccellente nella parte del medico alle prese con la propria coscienza) supportato dalle sue due fidate infermiere, parallele anche loro, uguali ma diverse, ognuna con i loro drammi. Le infermiere vedono la straordinaria partecipazione della bravissima attrice Lucia Rossi (R.I.S., Squadra anti mafia ) e dall’interpretazione ottima di Cristina Frioni. Vite Parallele è un dramma teatrale che non stanca, diverte, commuove e fa pensare, dimostrando che nella vita, in effetti, il caso non esiste mai. Antonio Nobili ci dimostra che c’è ancora modo di fare cultura in Italia e che non tutto deve essere omologato ad una certa linea di buon pensiero, ma, con arte ed eleganza, dice la sua e riporta la gente a teatro.
Davide Romano