Durante la partita di ritorno dei quarti di Coppa dei Campioni contro l’odiato Barcellona, gli Indios hanno impedito a Messi&Co. di entrare in area, distruggendo ogni trama di gioco che ricordi, anche solo vagamente, il tiki taka. Le barriere frangiflutti sono state congegniate andando contro la natura stessa dell’Atletico abbassando il centrocampo ed evitando di pressare alto – proprio come nella versione simoniana 2013-14 – usando le armi migliore a disposizione: la difesa in transizione e di posizione. Il 4-4-2 con cui i rojiblancos occupano il rettangolo verde deve la sua fortuna a due fattori. La prima è la retroguardia capitanata da Diego Godín essenziale nel gioco d’anticipo, anche lontano dall’area, e nella copertura degli ultimi sedici metri. Un generale conoscitore della guerra di trincea, come pochi nel mondo del pallone, capace di elevare i compagni di reparto a nuove vette, casi lampanti il connazionale uruguagio José Jiménez e l’ex viola Stefan Savic. In seconda battuta Antoine Griezmann. Il centravanti francese spazia su tutto il fronte offensivo con tecnica sopraffina, capace di accarezzare la sfera e farsi trovare ogni volta la dove il pallone vuole. Accanto a lui Simeone ha disegnato una figura di giocatore con il chiaro intento di svuotare l’area di rigore e lasciare campo libero a Le Petit Diable, nonché Luciano Vietto o in alternativa Yannick Carrasco, senza dimenticare l’intramontabile Fernando Torres autentico totem madrileno.
El Cholo ha tra le mani una batteria di scafati calciatori e giovani promesse – come l’esterno destro Saúl – che senza paura assaltano ridendo le convinzioni altrui. Per leggere il manifesto cholista bisogna tornare al capezzale del Barça, ancora una volta in Coppa. Suarez veniva lasciato senza rifornimenti, Messi assente dalla manovra e Neymar imbarazzato come un verginello al primo appuntamento, il solito truculento spettacolo di puro cholismo era dietro l’angolo. Mentre Carrasco lasciava il posto a Thomas Partey per rimpolpare la zona mediana del campo, il Vicente Calderón faceva tremare gli spalti squarciandosi l’ugola per sostenere i propri uomini. Intanto Godín aveva un occhio pesto, ma con la voglia di pestare avversari e palloni centrifugando ogni tentativo blaugrana. Il finale perentorio, vittoria per due reti a zero senza scampo e diritto di replica.
Simeone ha trasferito il suo teppismo innato alla squadra che comanda e dopo quattro anni e mezzo in terra iberica può portare su cime inesplorate la faccia meno fortunata di Madrid. Un autentico tarantolato che sputa in faccia al possesso palla, classificandolo come un modo di vincere, ma “non il suo” preferendo abnegazione e sacrificio in ogni diagonale, in ogni ripartenza. Un novello Nereo Rocco, da palla o gamba, da “vinca il migliore, ciò speremo de no”, da dentro o fuori, passionario quanto basta per disinnescare le formule di Pep Guardiola e i ragionamenti di Luis Enrique.
https://www.youtube.com/watch?v=7Q6L9C5bq24
Lorenzo Cafarchio
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Se disinnescherà Pep Guardiola lo vedremo……