Roma, 12 dic – A volte non è la contestazione a creare il caso politico: è la risposta. E quella di Anna Maria Bernini ad Atreju è stata una risposta pessima, scomposta, controproducente. Non parliamo dei soliti gruppetti filopalestinesi o dei centri sociali che trasformano ogni apparizione pubblica in un rito isterico. Stavolta davanti alla ministra c’erano studenti di Medicina, ragazzi che vivono sulla propria pelle gli effetti della riforma del cosiddetto semestre filtro.
La Bernini ad Atreju sceglie di fare lo show
Nessun fischio organizzato, nessuno slogan ideologico: solo una protesta dura ma pacata su un tema reale, concreto, urgente. E Bernini, invece di affrontare il merito, ha scelto il riflesso condizionato del politico infastidito: “Siete sempre dei poveri comunisti”. Un autogol spettacolare, amplificato dal contesto. Perché il punto non è solo l’insulto. È il luogo. Atreju è il “palco amico” per eccellenza: una platea favorevole, un ambiente controllato, un contesto in cui la ministra avrebbe potuto mostrare sicurezza, apertura e capacità di ascolto. Invece ha optato per la scorciatoia del bullismo politico, come se stesse rispondendo ai professionisti del piagnisteo progressista. Ma davanti non aveva i soliti attivisti con la kefiah o la bandiera arcobaleno: aveva studenti che denunciano una riforma che rischia di far perdere un anno a migliaia di giovani. La reazione di Bernini è sembrata più una difesa nervosa che una posizione istituzionale. E il danno d’immagine, per lei e per il governo, è stato immediato.
Un assist clamoroso alla sinistra
La sinistra ora ha un assist clamoroso. È sufficiente una linea di attacco semplicissima: “Bernini insulta studenti che denunciano un problema reale”. Ed è la verità. Nel momento in cui qualsiasi dissenso studentesco viene ridotto a “comunismo”, si consegna all’opposizione un’arma potentissima. Si cede terreno culturale senza combattere. E soprattutto si manda un messaggio devastante: se critichi una riforma, non sei un interlocutore, sei un nemico. È esattamente il contrario della postura di forza che un governo vuole comunicare. Il nodo vero, però, resta la riforma. Bernini aveva promesso il superamento del numero chiuso; ciò che è arrivato è un meccanismo confuso che non elimina la selezione, ma la sposta più avanti e la rende più faticosa. Il semestre filtro è un imbuto travestito da apertura: apparentemente inclusivo, nei fatti un allungamento dell’agonia. Più costi, più incertezze, più ricorsi, più caos amministrativo. Gli studenti non contestavano un dogma ideologico: denunciavano una struttura che non regge, che nessuno ha spiegato davvero e che rischia di produrre l’effetto contrario a quello annunciato. Se una protesta così viene derubricata a “comunismo”, allora la ministra ha perso il contatto con la realtà concreta dell’università italiana.
Bernini non può sentirsi infastidita dagli studenti
Atreju doveva essere l’occasione per rassicurare, chiarire, riordinare il discorso pubblico su Medicina. È diventato il teatro di una reazione scomposta, figlia più dell’irritazione che della politica. Ed è qui il punto più debole della vicenda: un ministro dell’Università non può permettersi di apparire infastidito dagli studenti, soprattutto quando pongono questioni reali e non slogan prefabbricati. La risposta di Bernini non è stata una “frase colorita”: è stata una cesura simbolica, un passo falso in un settore dove il governo ha già accumulato incertezze. Il dato politico è semplice: l’università non è un terreno che puoi trattare come se fosse una tifoseria. Se liquidi come “comunisti” ragazzi di vent’anni che ti chiedono conto delle tue riforme, ti esponi all’accusa più velenosa di tutte: quella di non ascoltare chi dovrebbe essere al centro della tua agenda. Ed è un’accusa che, da oggi, Bernini dovrà inseguire e smentire per mesi.
Il nanismo non si risolve con le pezze
Il centrodestra ha davanti una scelta: continuare a difendere una linea comunicativa impulsiva, che regala munizioni all’opposizione, oppure prendere sul serio ciò che è accaduto ad Atreju. Perché non è stata la protesta a fare la figura peggiore. È stata la scelta respingente, arrogante e ruffiana fatta dalla Bernini: perché non ha reagito così tutte le volte che è stata contestata in Sapienza, o a Bologna? La pezza berlusconiana non può risolvere tutto. Ma soprattutto non può risolvere il nanismo politico.
Vincenzo Monti