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Scuola e conflitto generazionale: il Blocco Studentesco lancia la nuova campagna di mobilitazione

by La Redazione
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Roma, 10 sett – Con l’inizio dell’anno scolastico, tornano anche le prime mobilitazioni studentesche. A rompere il silenzio post-estivo è stato il Blocco Studentesco, che ha inaugurato la stagione con una campagna di affissioni su scala nazionale. Lo slogan scelto per il 2025 – “Noi vogliamo tutto!” – si presenta come dichiarazione d’intenti netta, che intende rompere con quella che il movimento definisce «apatia e conformismo» dominanti tra le nuove generazioni.

Il Blocco Studentesco compone una critica strutturata alla società

Il messaggio, diffuso in centinaia di scuole italiane, non si limita a un richiamo identitario o simbolico, ma propone un impianto di critica articolato verso il sistema scolastico attuale e più in generale verso il modello culturale dominante. In un contesto segnato da crisi educative e da un crescente disagio giovanile, il Blocco rivendica una visione alternativa fondata su comunità, identità e militanza. Al centro della critica vi è una percezione della scuola come spazio svuotato di senso, ridotto a contenitore burocratico e passivizzante, dove ogni tensione viene neutralizzata nel nome di un’ideale pacificazione sociale. Si tratta di un punto di vista che, al netto delle posizioni politiche, trova eco anche in analisi internazionali.

La mobilitazione internazionale

In Francia, ad esempio, il crescente divario tra corpo studentesco e istituzioni scolastiche ha portato a scontri accesi, come quelli verificatisi nei licei parigini nel marzo scorso, quando centinaia di studenti sono scesi in piazza contro le riforme sull’orientamento post-diploma imposte dal governo. (Le Monde, 19 marzo 2025). Anche in Germania, il tema della “depoliticizzazione della scuola” è diventato centrale nel dibattito pubblico dopo le mobilitazioni contro il cosiddetto Neutralitätsgesetz, che vieta l’esposizione di simboli politici negli istituti. (Deutsche Welle, 12 aprile 2025). Ancora più distante geograficamente, ma non per questo meno indicativo, il caso del Nepal, dove proprio in queste ore la capitale Kathmandu è attraversata da violente proteste studentesche contro la corruzione sistemica nel sistema scolastico e universitario. Migliaia di giovani sono scesi in piazza con lo slogan “We are not your puppets!”, denunciando un sistema percepito come colonizzato da logiche estranee ai bisogni reali delle nuove generazioni. (il manifesto, 9 settembre 2025). Il caso italiano, tuttavia, si inserisce in un contesto in cui la polarizzazione sembra aumentare e dove le nuove generazioni faticano a riconoscersi nei canali di partecipazione tradizionali. I sindacati studenteschi, sempre più marginali e assimilati a logiche partitiche, vengono visti da molte realtà giovanili come incapaci di interpretare il disagio reale. Il Blocco Studentesco, con la sua postura conflittuale e la sua estetica militante, intende colmare questo vuoto con una proposta radicale: la riappropriazione dello spazio pubblico e scolastico da parte della gioventù.

Dal disagio nelle scuole al protagonismo

Non è la prima volta che il Blocco Studentesco utilizza l’apertura dell’anno scolastico come momento di visibilità politica. Ma la scelta di uno slogan come “Noi vogliamo tutto” evidenzia un salto di tono rispetto agli anni precedenti. Il movimento non si limita più a denunciare criticità strutturali (come la dispersione scolastica, l’edilizia fatiscente o il caro-libri), ma propone un ribaltamento culturale radicale. Il richiamo al “conflitto” come elemento fondante della vita collettiva – che secondo i materiali diffusi dal movimento sarebbe stato espunto dalla scuola moderna – è una posizione che richiama storicamente visioni organicistiche della società, dove l’educazione non è mera trasmissione di nozioni, ma formazione integrale dell’individuo all’interno di un corpo comunitario. In questo senso, l’istituzione scolastica viene vista come laboratorio politico, terreno di lotta e costruzione identitaria, non come spazio neutrale.

Una gioventù senza appartenenza?

Seppure polarizzante, il messaggio intercetta un malessere diffuso. I dati ISTAT dello scorso luglio registrano un aumento del disagio psicologico tra gli adolescenti italiani, in particolare nella fascia 14-19 anni. (ISTAT, “La salute mentale degli adolescenti”, luglio 2025). Secondo l’ultimo rapporto CENSIS, oltre il 60% degli studenti si dichiara “sfiduciato” rispetto al futuro, e una quota crescente ritiene che la scuola non fornisca gli strumenti per affrontare la vita reale. (CENSIS, 58° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, dicembre 2024 – Sezione Scuola e Giovani). In questo contesto, lo spazio lasciato libero da istituzioni e media mainstream è spesso riempito da soggetti che offrono visioni forti, strutturate, identitarie. Il Blocco Studentesco, come altri movimenti radicali in Europa, si muove esattamente in questa direzione: offrire una narrazione alternativa, un’appartenenza, una militanza.

Verso un autunno di tensione?

Resta da vedere se e come le altre organizzazioni studentesche reagiranno a questa prima mobilitazione. Alcuni collettivi hanno già annunciato iniziative in vista del 5 ottobre, giornata nazionale di protesta contro il Piano Nazionale Scuola 4.0, ma al momento non si intravede un “fronte unitario”. (MIUR – Piano Scuola 4.0, documento ufficiale). Il rischio, come spesso accade, è che si riproponga lo scontro fra visioni ideologiche incompatibili, senza che si apra un vero dibattito sulle condizioni reali della scuola italiana. In questo senso, l’iniziativa del Blocco Studentesco – al di là della sua carica provocatoria e conflittuale – pone una domanda centrale: cosa vogliono davvero gli studenti oggi? E, soprattutto, che posto hanno quelli che scelgono la destra radicale?

Vincenzo Monti

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