Roma, 31 gen – Nell’ultima settimana sulla questione del protezionismo economico, e quindi di fatto del ritorno di una economia “controllata” contro il famoso “libero mercato”, si è avviato un confronto che va esaminato nel suo complesso. Ad avviare lo scontro è stato manco a dirlo il presidente americano Trump che dando finalmente corpo al suo programma elettorale in questo settore ha annunciato i dazi protezionistici sui moduli fotovoltaici cinesi e le lavatrici coreane. Apriti cielo, oltre che ai diretti interessati (Cina e Corea del Sud) anche gli europei sono stati travolti da una ondata di indignazione, tutti dietro alla Merkel che ne è stata la capofila (essendo tuttora gli USA il primo mercato di sbocco per le merci tedesche). Erano sinceri gli europei nella appassionata difesa del libero mercato? Ma neanche per idea, basti ricordare che qualche anno fa (2012) proprio la Germania mise dazi protezionisti fino al 64% sui moduli fotovoltaici di produzione extra Ue (in pratica quasi tutti cinesi), mentre Mr. Obama, l’altro campione della globalizzazione, impose dazi dal 30% al 250%.
Praticamente non se ne parlò fuorché fra gli addetti ai lavori, solo i cinesi si avvolsero nella toga della Giustizia vibrando di sdegno. Con la coda di paglia, possiamo dire, perché la Cina impone a tutte le merci importate dazi protezionisti fino al 160%, e obbliga chi investe in Cina ad avere un socio cinese di maggioranza. Come se non bastasse la Germania impose i dazi del 64% al fotovoltaico cinese a tutta la Ue per proteggere le proprie aziende manifatturiere (che producevano in Germania e Spagna) ma solo dopo che le aziende italiane produttrici di moduli FV erano andate “tutte” fallite, tutte. Prima si provvede ad annientare la concorrenza italiana in ogni settore, poi ci si protegge coi dazi che prima “erano vietati”. E’ successo lo stesso con le Banche, prima Germania, Francia, Belgio, Gran Bretagna hanno salvato le loro banche con “centinaia” di miliardi di soldi pubblici, poi è diventato “vietato” e hanno imposto il “bail in”, e poi pretendono di cartolarizzare i debiti degli italiani verso le banche italiane a “17” (cioè a venderli a loro a 17€ ogni 100€, in modo che le banche francesi e tedesche possano venire in Italia a “esigere” 100 dai malcapitati).
Nella solita ansia da servaggio nell’ultima finanziaria si è tentato di vendere circa 10 milioni di italiani debitori di Equitalia a “0,5” (0,5€ ogni 100€) e non è passata solo perché si approssimavano le elezioni e avevamo dichiarato di fare sfracelli durante la campagna elettorale). Ci penserà il nuovo “governo tecnico”. E naturalmente la Ue i dazi li applica ogni volta che c’è da proteggere le aziende tedesche, ad esempio sui cuscinetti a sfere (e in altri circa 50 settori) in questo caso fin dal 1993 contro la Tailandia ma poi esteso al Giappone l’anno dopo e così via. E non parliamo dell’energia che sempre la Germania produce da fonti autarchiche sovvenzionando sia il suo complesso di centrali nucleari sia l’industria estrattiva del carbone: la Germania alimenta il suo comparto industriale producendo il doppio dell’energia elettrica prodotta in Italia (circa 600 Terawatt/anno contro circa 330 Terawatt/anno) di cui 43,5% dal carbone e il 26,3% dal nucleare (totale 69,8%). E della parte “carbone” il 50% è carbon fossile, l’altro 50% è Lignite.

Per l’estabilishment “moderato” (di centrodestra e di centrosinistra) va benissimo che interi comparti produttivi italiani vengano schiantati dalla concorrenza estera sia dei paesi Ue che non hanno l’euro sia da quelli extra Ue che pagano 2/300 € al mese. E all’Unione Europea i nostri “moderati” (di centrodestra e di centrosinistra) votano insieme per distruggere interi comparti produttivi “aprendo” al libero mercato, e sui loro media attaccano chiunque voglia penalizzare chi smonta le aziende qui per portarle all’estero, e quindi falsando dolosamente la percezione che l’opinione pubblica ha di questi problemi: è la “crisi” e noi stiamo provvedend. Falso, stanno provvedendo a continuare ad affossare il nostro comparto produttivo: oltre 4 milioni di PMI che producono il 95% del PIL nazionale e danno lavoro a 16 milioni di persone. E’ un problema di “Sovranità perduta” e che dobbiamo assolutamente recuperare, altrimenti non c’è futuro e tutto è vanificato.
Luigi Di Stefano
Già Tecnico di Ricerca all’Istituto Nazione di Fisica Nucleare, titolare di impresa nel settore della Ricerca Nucleare e materiali per la Difesa. Dal 1992 professionista per le fonti di energia rinnovabile (fotovoltaico) e trattamento acque. Dal 1995 Perito Giudiziario nel settore aereonautico.
Dazi e protezionismo: ecco perché dobbiamo riaffermare la sovranità italiana
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2 comments
….se fosse per me..altro che carbone…userei anche i ”water” per produrre energia…….
Articolo molto interessante.
Però, perdonami, se la tua competenza è la stessa con cui parli di scie chimiche…lasciamo perdere!