Home » Dominique Venner, il primo degli europei

Dominique Venner, il primo degli europei

by Sergio Filacchioni
0 commento

Roma, 21 mag – Il 21 maggio del 2013, nella cattedrale di Notre-Dame, Dominique Venner ha compiuto un gesto destinato a segnare la memoria profonda dell’Europa. Non un suicidio, ma un sacrificio. Non una fuga, ma un atto di presenza assoluta. Come l’eroe omerico che muore perché è l’unica via per entrare nel mito, Venner ha voluto imprimere nella carne della storia europea il sigillo del risveglio. È morto per non morire. È morto per restare.

Venner si è ucciso per non morire

Nel cuore della cristianità, ha fatto detonare il suo messaggio. Un colpo solo, secco, il fragore che attraversa i secoli. Non ha parlato, ha agito. E in quell’azione ha racchiuso una visione. Ha incarnato ciò che lui stesso chiamava la lunga memoria europea, la catena d’oro che unisce Achille a Federico II, il mondo apollineo degli antichi alla visione tragica dei moderni. Venner non è stato solo un pensatore, uno storico, un saggista. È stato l’uomo completo. Il soldato delle idee e il cacciatore delle verità prime. Chi lo ha letto con superficialità non ha capito nulla: sotto la sua analisi storica fredda si nascondeva un cuore infuocato. Un cuore attraversato da quel “sangue nero” di cui parlava lui stesso – il sangue del cinghiale solitario, del cervo in calore, dell’uomo dei boschi. Era l’Europa originaria che batteva in lui. Quella dell’Urvolk, della foresta sacra, dell’ordine naturale non corrotto dal razionalismo moderno e dalla mercificazione universale.

La decadenza non è un incidente

La sua morte è stato un atto dionisiaco nel cuore del tempio. Ha fatto vacillare la cattedrale ben prima delle fiamme del 2019. Là dove si credeva di celebrare il culto della redenzione, Venner ha offerto il culto della fedeltà. Fedeltà ai morti, alla stirpe, alla terra. Ha rovesciato il cristianesimo del perdono nel mito dell’eterno ritorno. Si è fatto Orfeo e Ulisse, ha suonato il corno di Orlando nel momento più cupo del sonno europeo. Era il segnale: svegliatevi, svegliatevi, svegliatevi. Venner sapeva che il mondo moderno è dominato da una volontà di nulla. Che la decadenza non è un incidente, ma un sistema. E che solo il gesto, se radicato nell’essere, può fendere questa coltre di nebbia. Per questo la sua morte è un logos in atto. Un linguaggio puro, arcaico, mitico. L’atto che dice tutto, perché è tutto.

Il risveglio è una disciplina

Ha mostrato che esiste ancora un tipo umano che non chiede permesso alla storia. Che non chiede giustificazioni alla morale corrente. Che vive secondo misura, ma una misura che egli stesso ha scelto. Il suo epitaffio è nella sua vita: uomo europeo, della grande Europa tragica, eroica, spirituale. Dominique Venner non ha chiesto nulla. Non ha lasciato messaggi patetici. Ha lasciato un’eredità. Chi è in grado di raccoglierla sa che non si tratta di piangere un caduto, ma di seguire un esempio. Perché il vero europeismo non è una bandiera, ma una disciplina interiore. E la sua disciplina era ferrea, romana, spartana. La morte di Venner non ha chiuso un capitolo: lo ha aperto. Sta a noi scrivere il seguito.

Sergio Filacchioni

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati