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Il vero nemico di Mosca? L’Europa. Parola di Karaganov

by Sergio Filacchioni
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Roma, 19 ott – Molti in Italia continuano a leggere la guerra in Ucraina come una partita tra Stati Uniti e Russia, una riedizione della Guerra fredda con Kyiv nel ruolo di pedina sacrificabile. Ma questa è una semplificazione comoda, e in larga parte falsa. Nella visione che domina oggi il dibattito russo, il nemico non è Washington né la Nato, bensì l’Europa stessa: la sua cultura, i suoi valori, la sua storia.

Per la Russia il nemico siamo noi

È un punto che in Italia pochi hanno il coraggio di riconoscere, soprattutto tra i simpatizzanti filorussi che vedono in Mosca un presunto baluardo “antiglobalista”. In realtà, nella narrazione russa ufficiale e accademica, l’Europa è il nemico storico, politico e spirituale. Non l’Europa delle banche, non la von Der Leyen, nemmeno “solo” l’Europa progressista. L’Europa come totalità politica, storica e spirituale. A esprimere in modo limpido questa idea è Sergey Karaganov, politologo, ex consigliere di Cremlino e figura di riferimento del cosiddetto “nuovo collettivismo spirituale”. In una recente intervista, Karaganov ha dichiarato: «Un grande Paese ha bisogno di una ideologia di Stato. Altrimenti non è niente. L’antica Roma ce l’aveva, l’Italia di oggi no».

In guerra contro tutta l’Europa

Per Karaganov la guerra in Ucraina è solo un episodio di un conflitto molto più vasto: una guerra della Russia contro l’Europa unita, contro ciò che rappresenta — individualismo, consumismo, neofemminismo, nichilismo morale. Ma non solo, evidentemente. Perché aggiunge: «Noi non stiamo combattendo contro l’Ucraina — spiega — ma contro l’Europa di Napoleone e Hitler». C’è quindi qualcosa che non torna: combattono la civiltà del pride o quella della volontà di potenza? Karaganov arriva persino a teorizzare la necessità di “reinstallare il sentimento della paura nel genere umano”: parole che descrivono bene la volontà di ridefinire i rapporti internazionali non più sul diritto, ma sul terrore. Eppure, questo pensiero non è marginale: il suo saggio Il sogno della Russia nel XXI secolo è stato pubblicato sui siti del Ministero degli Esteri e del Consiglio di Sicurezza russi.

Gli Stati Uniti come interlocutore

Nella logica del Cremlino, quindi, gli Stati Uniti — pur avversari geopolitici — sono considerati un soggetto “razionale”, con cui si può negoziare. L’Europa, invece, è vista come una civiltà in declino, moralmente corrotta e politicamente servile, il ventre molle dell’Occidente. La Russia, in questa cornice, si presenterebbe come l’antitesi morale del Vecchio Continente: una potenza chiamata a restaurare valori “antichi e condivisi” (?), anche a costo di sacrificare le libertà individuali. È un progetto ideologico, non solo militare, e per questo pericoloso: sposta il conflitto dal piano dei confini a quello dell’identità. E con tanti “ripetitori” occidentali di questa propaganda, è facile far perdere di vista al pubblico italiano ed europeo la propria bussola.

Ma l’Europa non aiutava la Russia?

Eppure, questa crociata contro l’Europa poggia su un paradosso molto “occidentale”. Infatti, secondo un’inchiesta pubblicata da Der Spiegel e ripresa da Euromaidan Press, durante gli anni di Angela Merkel la Germania addestrava truppe russe e forniva loro sistemi di simulazione bellica, fino a poche settimane prima dell’annessione della Crimea nel 2014. Altro che “assedio occidentale”: per anni l’Europa ha collaborato con Mosca, persino sul piano militare. La Russia non era isolata: era preparata, istruita e sostenuta — proprio da quegli stessi Paesi che oggi definisce nemici esistenziali. È una contraddizione che rivela quanto la retorica russa di “autodifesa” serva a coprire un’aggressione pianificata e giustificata da un impianto ideologico ben preciso.

I due pesi e le due misure

In questo quadro, vale la pena ricordare quanto già osservato da Il Primato Nazionale nell’articolo Dall’Est Europa al Medio Oriente: sono sempre due pesi e due misure. Lì si metteva in luce come l’Occidente applichi standard morali variabili a seconda dei propri interessi geopolitici: condanna la Russia ma ignora le violenze di Israele o le derive autoritarie di alcuni alleati mediorientali. Ma questa denuncia di doppio standard può essere letta anche al contrario: la Russia stessa gioca con la logica dei due pesi e due misure, accusando l’Europa di ipocrisia mentre ne ha sfruttato per anni la cooperazione, la tecnologia e i mercati. Il risultato è una spirale di menzogne incrociate, dove l’Europa fa finta di non vedere, e la Russia finge di essere vittima.

La civiltà da rieducare

In Italia non mancano ambienti che guardano a Mosca con simpatia, immaginandola come un contrappeso all’imperialismo americano. Ma ignorano un dato elementare: nella visione russa, l’Italia è parte dell’Europa da sottomettere, non dell’alleanza da costruire. Nel linguaggio di Karaganov e dei think tank russi, Roma non è un ponte ma un campo di battaglia culturale: un avamposto di quella civiltà decadente da “rieducare” o da spazzare via, con lo stesso modus operandi di della cultura woke d’oltreoceano. Capire questo significa smascherare l’illusione di chi riduce la geopolitica a un tifo da tastiera. Il mondo di Mosca non è multipolare: è imperialista tanto quanto gli altri. E non intende condividere il potere, ma sostituire il modello europeo con il proprio.

Un “noi” incosciente ma reale

Insomma, la “vera narrazione russa” sul conflitto ucraino, al netto della propaganda occidentale, è abbastanza chiara ormai: non una guerra contro la Nato (figurarsi con gli Stati Uniti), ma una guerra contro l’Europa — contro di noi. Un “noi” che certo fa ancora fatica ad imporsi come identità, vuoi per una propaganda incessante, vuoi per i limiti stessi delle nostre classi dirigenti politiche e culturali. Le difficoltà europee nello stabilire il perimetro del “noi” si alimentano delle contraddizioni, dei doppi standard, delle complicità e delle debolezze che la stessa Europa ha costruito. Eppure c’è questo “noi”, perché qualcuno ha deciso di esserci nemico in tutto e per tutto, non solo contro una parte. E in questo senso, quindi, l’Ucraina è il fronte tangibile di una battaglia molto più profonda: quella che c’è tra l’affermazione e la negazione della nostra identità.

Sergio Filacchioni

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