Milano, 06 mag – Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) presenta oggi 6 maggio all’Expo di Milano nuove tecnologie per valorizzare e difendere i prodotti tipici italiani, contrastando le contraffazioni alimentari: dai salumi di Cinta Senese alla mozzarella di bufala, dai formaggi all’extravergine monovarietale.
Cosa sono esattamente i prodotti tipici? E cosa hanno di diverso, questi prodotti che rappresentano commercialmente una fetta importante dell’agroalimentare made in Italy e soprattutto declinano all’estero l’immagine del nostro Paese? Possono rappresentare un modello produttivo ed economico esportabile anche in paesi emergenti? E come si può valorizzarli e difenderli dalle contraffazioni che ne minacciano l’unicità e la tipicità?
Saranno questi gli argomenti di discussione all’Expo di Milano in occasione dell’evento odierno “I prodotti tipici: una contraddizione o una speranza per l’agricoltura e il Made in Italy?” organizzato dal Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Cnr (Disba-Cnr), all’interno del Padiglione Italia, con inizio alle ore 14. Alcuni esperti illustreranno le nuove metodologie per valorizzare i prodotti tipici italiani Dop ed Igp e difendere i consumatori dalle frodi.

Immagine tratta da: Pisani V. E. et al., 2009. Valorizzazione e caratterizzazione del provolone valpadana mediante metodologie molecolari innovative, Presentazione del seminario tenuto presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Torino il 16 giugno 2009
“Analisi che ora sono realizzate in centri di ricerca specializzati e che presto potranno essere alla portata di tutti”, spiega Andrea Scaloni, che dirige l’Istituto produzione animale in ambiente mediterraneo (Ispaam-Cnr). “Qualche esempio di falsificazione? Per la mozzarella di bufala campana il disciplinare prevede che si usi il 100% di latte di bufala. I ‘falsificatori’ invece lo mescolano con latte bovino o bufalino liofilizzato, meno costoso e spesso proveniente da altre nazioni: oggi la spettrometria di massa consente di analizzare un campione di latte per scoprire di che tipo è, identificandone i peptidi e le proteine. In particolare all’Ispaam-Cnr di Napoli è stato messo a punto un metodo di analisi molto rapido, che consente di rivelare anche piccole aggiunte (2-5%) di latte non dichiarato, a fronte di quelle normalmente riscontrate (sopra il 15%). Tale metodologia, messa a punto per il latte di bufala, funziona molto bene anche per quello di pecora e di capra, aprendo così vasti scenari di applicazione per la certificazione di molte altre Dop ed Igp”.
In alcuni casi, nei prodotti a base di maiale del tipo Cinta senese, Nero dei Nebrodi o Casertano, è utilizzata carne da razze suine meno pregiate. “Oggi grazie a tecniche di microarray – che permettono di esaminare i prodotti derivanti dal genoma di un organismo su una singola lastrina di vetro o su un chip di silicio – è possibile riconoscere sequenze di DNA specifiche che caratterizzano in maniera univoca una determinata razza”, aggiunge Scaloni. “Questa ricerca è il frutto della collaborazione tra i laboratori dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Ibba-Cnr) di Lodi e del dipartimento di Agricoltura, alimentazione ed ambiente dell’Università di Catania”.

“Il Made in Italy agroalimentare è un settore eterogeneo, che raggruppa centinaia di prodotti freschi e lavorati, una grande varietà di costi e disciplinari, di cultivar vegetali, razze animali e prodotti derivanti da processi di trasformazione, sapientemente selezionati nel tempo e in funzione del territorio, un ricco patrimonio culturale e tecnologico, non facile da regolamentare e controllare”, conclude Francesco Loreto, direttore del Disba-Cnr. “Oltre all’indubbio valore simbolico e identitario, si tratta di un altissimo valore economico, messo a rischio da molteplici insidie, prime fra tutti le frodi alimentari”.
Francesco Meneguzzo
