Roma, 8 ott – A Genova l’odio di fazione torna a colpire Norma Cossetto, studentessa istriana rapita, torturata, violentata e gettata in foiba dai partigiani titini nell’ottobre 1943, insignita nel 2005 della Medaglia d’Oro al Merito Civile. Stavolta non solo con scalpelli e bombolette spray, ma con le parole di una rappresentante delle istituzioni che decide di giustificare l’infamia.
La targa per Norma Cossetto distrutta di nuovo
L’oggetto del contendere era il ripristino della targa di Oregina, divelta per l’ennesima volta poche settimane fa. Un gesto vigliacco rivendicato sui social da militanti di Genova Antifascista, a conferma di quanto la memoria della giovane istriana continui a essere bersaglio di un odio politico ben preciso. Durante la discussione la consigliera di Alleanza Verdi e Sinistra Francesca Ghio ha pensato bene di precisare che, «per verità storica, Norma Cossetto era iscritta al partito fascista». È bastata questa frase a far saltare l’aula di Palazzo Tursi: i consiglieri di centrodestra si sono alzati in blocco, «O se ne va lei o ce ne andiamo noi», ha tuonato Ilaria Cavo (Noi Moderati). L’assemblea è stata sospesa, la capigruppo boicottata dall’opposizione, e l’ennesima spaccatura s’è consumata. Dietro le quinte, intanto, resta il vero scandalo: la targa vandalizzata per l’ennesima volta, con rivendicazione pubblica. Segno che il rancore ideologico non si accontenta di strappare simboli, ma pretende di cancellare anche il ricordo di una ragazza assassinata per il solo fatto di essere italiana e di non aver abiurato al Fascismo.
L’insopportabile giustificazionismo della sinistra
Che oggi, in un’aula consiliare, si provi a usare quell’iscrizione politica come attenuante per gli stupratori titini dice molto del veleno che continua a serpeggiare nella sinistra militante che affolla la cloaca antifascista, e da cui Avs pesca personaggi altrettanto “fetenti”. Non è revisionismo: è disumanizzazione. È l’idea che una giovane donna possa meritarsi la foiba per la tessera che aveva in tasca. Questa non è “verità storica”, è giustificazionismo. Lo stesso che li ha portati ad applaudire alla notizia della morte di Sergio Ramelli, lo stesso che ha accompagnato l’assassinio di Charlie Kirk. Gli esponenti del centrodestra, da Pietro Piciocchi (Vince Genova) a Paola Bordilli (Lega), hanno parlato di «gravità inaudita» e chiesto al sindaco Silvia Salis e al presidente Claudio Villa di prendere posizione. Ghio, dal canto suo, ha denunciato d’essere stata aggredita verbalmente dai consiglieri avversari: un episodio che, vero o presunto, non cancella il fatto che a innescare la bagarre sia stata una frase che riduce il martirio di Cossetto a un’etichetta di partito.
Colpire un nome invece di proteggere la targa
La verità è che la memoria delle Foibe resta un nervo scoperto per certa sinistra, che non riesce a guardare in faccia i crimini del comunismo jugoslavo. A Genova l’abbiamo visto: invece di difendere la targa di una vittima civile, si preferisce colpirne il nome. Se l’Italia vuole davvero onorare il Giorno del Ricordo, non basta un minuto di silenzio a febbraio: serve dire a voce alta che la sinistra non può decidere i termini della pietà, e che nessuna tessera può giustificare uno stupro, una Foiba o un omicidio. Ripristinare e proteggere quella targa, punire i vandalismi, pretendere scuse ufficiali in aula: sono gesti minimi di civiltà. Ogni parola diversa è complicità con chi, ottant’anni dopo, cerca di seppellire Norma Cossetto una seconda volta.
Vincenzo Monti