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Il gigante addormentato nei fondali della Corsica

by La Redazione
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Roma, 30 sett – Nel silenzio immobile del Mar Mediterraneo, laddove la luce non riesce a filtrare, riposa un colosso dimenticato. Un gigante d’acciaio che, ottant’anni fa, solcava i cieli della guerra: il Messerschmitt Me 323 “Gigant”, il più grande aereo da trasporto mai costruito durante la Seconda guerra mondiale.

Un gigante ritrovato solo nel 2024

È stato nella primavera del 2024 che la notizia ha fatto il giro del mondo: al largo di Bastia, in Corsica, a 500 metri di profondità, è stato individuato il relitto di un Me 323. La scoperta è stata attribuita all’ingegnere italo-svizzero Guido Gay, già noto per il ritrovamento della corazzata Roma. Con l’ausilio di un sofisticato ROV, le telecamere hanno catturato le immagini impressionanti del gigante sommerso, rivelando i resti di una macchina che sembrava scomparsa per sempre. Il Me 323 non era un velivolo qualsiasi. Con la sua apertura alare di 55 metri, una lunghezza di quasi 29 metri e una struttura massiccia spinta da sei motori radiali Gnome-Rhône 14N, era un titano volante, capace di trasportare fino a 20 tonnellate di carico o 120 uomini equipaggiati. Dentro la sua pancia cavernosa potevano trovare posto veicoli, cannoni anticarro e persino piccoli carri armati leggeri. Ma la sua grandezza era anche il suo punto debole: lento, con una velocità massima di appena 219 km/h, era un bersaglio quasi inerme di fronte ai caccia alleati.

Il fascino del mistero

Dagli archivi emerge che uno di questi mostri alati partì da Bastia nell’autunno del 1943, diretto verso il Nord Africa per rifornire l’Afrika Korps. Non giunse mai a destinazione. Attaccato in mare aperto, colpito a morte, si inabissò nelle acque profonde portando con sé equipaggio, soldati e carico. Per decenni, la sua sorte è rimasta avvolta nel mistero. Poi, nel 2024, il mare ha restituito la sua immagine: un colosso spezzato, ma ancora riconoscibile, sospeso nell’oscurità marina come un fossile meccanico. La scoperta, però, solleva interrogativi. Già in passato un altro Me 323 era stato identificato nei fondali della Sardegna, a 64 metri di profondità, non lontano dall’arcipelago della Maddalena. Si tratta dunque di un nuovo ritrovamento, o le cronache hanno intrecciato due storie diverse? Le risposte non sono ancora definitive, e proprio questa incertezza contribuisce a rendere la vicenda ancora più magnetica.

La memoria silenziosa

Oggi, quel relitto non è soltanto un reperto d’acciaio. È una capsula del tempo. Racconta la corsa disperata delle potenze in guerra, l’ingegno tedesco capace di costruire un gigante dei cieli e, al tempo stesso, la fragilità umana di chi a bordo affrontava il Mediterraneo senza sapere se sarebbe sopravvissuto al volo. Il “Gigant” riposa in silenzio, custode di memorie e destini. Ogni volta che le telecamere subacquee lo sfiorano, sembra quasi di sentire ancora il ronzio dei suoi sei motori che arrancano nel cielo, portando con sé il peso della guerra e delle vite sospese in quel volo interrotto.

Fulvio Cobaldi

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