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Dalle gradinate alle strade, a difesa dell’Europa

by Roberto Johnny Bresso
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Roma, 27 set – Ci siamo già occupati tempo fa del movimento ultras/hooligan e della sua evoluzione nel corso dei decenni. Torniamo a parlarne oggi in seguito agli avvenimenti degli ultimi mesi, che hanno visto una massiccia presa di posizione in diverse città europee di persone riconducibili al mondo del tifo da stadio. Dalle gradinate alle strade, in risposta ai sempre più allarmanti problemi di sicurezza creati dall’immigrazione.

Una matura consapevolezza

Le avvisaglie, in realtà, si erano già viste da un po’ di anni. Vuoi perché gli stadi sono sempre più militarizzati, vuoi perché la gente cresce con l’età e matura la consapevolezza che, al di là delle comprensibili e sentite rivalità calcistiche, la nostra società è attraversata da spinte sempre più autodistruttive che rendono necessaria una forte presa di posizione proprio per la sua stessa sopravvivenza. Così ecco che, anche dove la militanza politica sulle gradinate era meno forte, si è sviluppato dal basso un movimento di aggregazione tra le diverse tifoserie per difendere strade e quartieri. Sempre più percepiti come insicuri e pericolosi.

Già durante il Covid le piazze d’Europa si erano gremite di nazionalisti anche legati al mondo ultras, in protesta contro le leggi orwelliane che avevano preso possesso delle vite e dei corpi dei cittadini. Ma, appunto a causa della severità delle stesse, i governi ebbero vita facile nel ridurle al silenzio. Ultimamente però i movimenti migratori sono diventati del tutto fuori controllo. Di fronte alla palese immobilità, quando non proprio complicità, dei nostri governanti i “ragazzi di stadio” hanno ripreso possesso delle strade, questa volta seguiti con maggior interesse e supporto anche dal cittadino medio, che il problema lo vive sulla propria pelle ogni santo giorno.

Irlanda e Inghilterra

Ci sono state quindi rivolte di strada in Irlanda ed Irlanda del Nord (con protestanti e cattolici uniti) e poi in Inghilterra. La risposta del Governo Starmer, colpevole di in prima persona di aver taciuto sulle gang di sfruttatori sessuali pakistani (le cosiddette grooming gangs), è stata quella di punire in maniera draconiana chi partecipava alle proteste, persino in modo pacifico. Arrivando a prelevare addirittura a casa uomini e donne colpevoli di aver pubblicato commenti politicamente scorretti sui social network. Ma la repressione alla lunga può funzionare solo se commisurata alla colpa, altrimenti diventa un boomerang per chi la impone. Infatti, sabato 13 settembre centinaia di migliaia di persone hanno preso parte alla manifestazione London is Calling, indetta dalle tifoserie calcistiche della capitale britannica, sventolando Union Jack e Croce di San Giorgio, bandiere nazionali che il governo ora addita persino di razzismo. Ma che, invece, si stanno moltiplicando in ogni casa, strada e quartiere inglese.

Dalle gradinate alle strade

Sabato scorso poi è stato il turno dell’Olanda. In seguito alla barbara uccisione di una ragazzina per mano di un immigrato, è stata organizzata una manifestazione all’Aia, basata sul principio di mettere da parte le rivalità calcistiche per un bene più grande. Anche qui la risposta dell’autorità non si è fatta attendere e la polizia ha risposto con cariche ed arresti.

Ovviamente non bastano manifestazioni estemporanee di tifosi per risolvere il problema. Perché si sa che, senza una guida elitaria e preparata, le stesse sono destinate a fermarsi in un tempo relativamente breve. Ma possiamo affermare che, per la prima volta, i tifosi di calcio stanno raccogliendo consensi anche tra le fila dell’opinione pubblica. Quest’ultima non li vede più come il facile nemico pubblico numero uno da additare alla bisogna. Ma come un prezioso alleato nelle battaglie di quotidiana sopravvivenza in questa Europa allo sbando. Solo il tempo ci potrà dire dove tutto questo ci porterà.

Roberto Johnny Bresso

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