Roma, 28 lug – In apparenza è solo un dettaglio. Un menù scolastico, una variante alimentare, una concessione “innocua” alla diversità. Ma nella realtà, quella vera, quella che si misura nei mutamenti profondi della società, la scelta di introdurre il pasto halal nelle mense scolastiche bolognesi è un segnale chiarissimo: la sostituzione etnica non è più un solo un progetto virtuale, ma una realtà concreta.
Il menù halal nelle scuole
Le amministrazioni di sinistra, da sempre affette da un complesso di inferiorità culturale verso tutto ciò che è esotico, celebrano questa decisione come un esempio di civiltà. In realtà, è l’ennesima tappa di un processo di de-identificazione, in cui a ogni passo l’Italia cede un pezzo di sé: un simbolo, una tradizione, un’abitudine. Il pasto halal non è uno scivolamento verso l’Islam radicale, ma è la normalizzazione di una presenza che diventa progressivamente egemone nello spazio pubblico. Nessuno vuole trasformare il figlio dell’immigrato in un terrorista solo perché mangia halal. Ma è altrettanto ridicolo far finta che questo non abbia alcun significato. Quando interi quartieri cambiano volto, quando le scuole hanno ormai classi a maggioranza straniera, quando il problema diventa “adattarsi” invece che integrare, allora non siamo più di fronte a un fenomeno “da gestire”: siamo nel pieno della sostituzione.
La sostituzione etnica, tra morale e convenienza
E qui sta il nodo politico: la sostituzione etnica non è una teoria del complotto, è un progetto consapevole, convergente e conveniente. Un progetto promosso da élite globaliste che vedono nel disgregamento delle identità un passaggio obbligato per costruire l’ultimo uomo: sradicato, intercambiabile, docile. Ma anche dalle istituzioni economiche ed industriali liberali che vedono all’orizzonte nuova forza lavoro con cui drogare il mercato. La sinistra ne è consapevolmente l’esecutrice morale. La destra dei decreti flussi e lo ius scholae ne rappresenta il braccio operativo. Che Bologna, città simbolo del progressismo militante, apra le sue scuole alla pratica religiosa halal non stupisce. La città fortezza di una logica progressista che censura presepi, che marginalizza le tradizioni italiane, che insegna a vergognarsi della propria cultura in nome di un universalismo vuoto e omologante. Infatti l’integrazione di altri percorsi culturali e religiosi non è un fatto negativo in sé: lo è quando si accompagna alla decostruzione dei propri, quando si adottano forme integraliste in una società molliccia.
Una logica d’influenza
Chi pensa che tutto questo sia secondario si illude. Le trasformazioni epocali passano spesso attraverso i piccoli cambiamenti, da concessioni simboliche che sembrano irrilevanti. Ma che, sommate, disegnano un futuro dove la nostra identità italiana ed europea sbiadisce di fronte ad un nuovo mondo più giovane, più radicale, più cattivo. Il menù halal, in questo senso, non sarà certo la causa scatenante dell’integralismo islamico: è uno dei vettori su cui si espande una logica di conquista e influenza. Prima la Moschea, poi il cibo, poi i tribunali, poi la legge, poi..?
Sergio Filacchioni