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Il day after, ovvero la fotografia dell’Italia “liberata”

by Tony Fabrizio
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Roma, 26 apr – Scrivo oggi perché oggi per alcuni è il day after. Il giorno dopo giorno per quelli che non sono rimasti sobri ma sono liberi. È il giorno della libertà oggi, dopo la liberazione. È il giorno a partire dal quale si sciorina la pezza di Auschwitz e delle leggi del ’38 come una la bandiera contro qualsiasi malefatta. Oggi è il giorno in cui gli italiani alleati dei tedeschi hanno chiesto aiuto agli americani per essere liberati dei tedeschi per finire schiavi sia degli americani che dei tedeschi. Oggi è il giorno dell’Italia libera, ma non liberata e probabilmente la loro ebrezza e la loro mancata sobrietà (speriamo per loro!) li porta a festeggiare un semplice passaggio di consegne. È il giorno in cui hanno finito di combattere una dittatura per volerne instaurare un’altra. Hanno finito di combattere un dittatore che aveva perseguito il Bene – che non è il benessere del singolo – della propria Nazione per sperare di consegnarla ad altri che non avrebbe lavorato per le stesse finalità. Tramite rappresentanti italiani rinnegati, come Togliatti, che bollavano al padrone russo la morte dei propri connazionali, magari per mano del suo padrone, come una pena che gli stessi italiani, seppur in Russia, avevano pure meritato.

Italia, il giorno dopo il 25 aprile

Da oggi questa Italia libera, liberata e antifascista inizia ad essere alle prese con un mostro che dura da ottant’anni. Un mostro sconfitto e ancora presente… ad libitum. L’Italia antifascista in cui l’atto rivoluzionario per eccellenza da parte di certi coraggiosi è la cancellazione della cittadinanza onoraria ad un morto dopo un secolo. Che coraggio! Oggi è il giorno in cui tutti debbono dirsi obbligatoriamente antifascisti – che è la presa per il culo di loro stessi con vesti di democratici che è il pass libera-tutti per essere accettati e invitati persino a festeggiare la sconfitta del Paese.

Il giorno dopo è quel giorno in cui si porta all’esasperazione l’omicidio chiamandolo femminicidio, ma ancora non si prende la consapevolezza che l’Italia partigiana e antifascista è iniziata con venticinquemila stupri che sono figli della guerra fratricida tricolore. E ancora gioiscono e applaudono. Il giorno in cui sbraitano in strada con i capelli color pace contro il patriarcato, ma ancora non fiatano sulle marocchinate, sugli stupri united colors che tante morti di donne e bambine hanno prodotto.

Quella guerra civile che continua quella guerra in cui i liberatori bombardano i loro stessi alleati. Anzi, i propri sudditi. La guerra in cui sganciano bombe atomiche a guerra finita. Due volte, mica una! È il giorno di quelli che preferiscono Dresda e Amburgo, come mai era successo prima! Sono coloro che dal ‘43 hanno voltato la faccia e pensano di aver voltato pagina. Sono coloro hanno condotto nei boschi la loro stessa gente e mitragliato le loro spalle solo perché contrari, perché gay, preti, semplici cattolici o, meglio, solo perché non erano comunisti. Sono i partigiani antifascisti che hanno aperto le porte al fenomeno mafioso che, piaccia oppure no, era stato estirpato dalla Sicilia. E che prosegue persino oltre la strage di Capaci e via D’Amelio. Che servizio deviato che hanno confezionato!

È il giorno di coloro che, ottant’anni dopo aver liberato Auschwitz, sono ancora indecisi se dire che la manovalanza era concentrata nei campi per essere ammazzata o per lavorare e preparare la guerra; gli stessi che non hanno mai autorizzato l’analisi del Carbonio 14 per riscontrare tracce umane lungo i forni e lungo i camini! Quelli che in barba a Pitagora che scorrazzava per la Magna Grecia sono stati incapaci persino di calcolare se le dimensioni di quei forni avrebbero potuto bruciare sei milioni di persone in così pochi anni. Sono coloro che vagabondavano per Auschwitz liberato con la cinepresa in mano e contemporaneamente dicono che è stata necessaria Piazzale Loreto perché la gente voleva vedere l’umana giustizia. Quella degli uomini che a detta di loro stessi hanno solo saputo compiere atti da “macelleria messicana”. E, poi, uscendo dal campo di lavoro più famoso hanno dimenticato di riprendere i prigionieri liberati che seguivano i tedeschi superstiti e non i carrarmati con la bandiera rossa né quella a stelle e strisce. Alleati già allora!
Quei tedeschi che non hanno subito in Patria né altrove il trattamento riservato ai repubblichini, connazionali dei liberati che con coraggio stavano dalla parte sbagliata.

Liberati ma non liberi

Partigiani antifascisti che si sentono liber(at)i persino della socializzazione, della cancellazione del debito pubblico italiano, della nazionalizzazione degli asset strategici statali, dello Stato Sociale, dei Nobel in ogni campo e non dei treni in orario, ma di quelli a costo zero affinché tutti potessero andare almeno una giornata al mare il 15 agosto.

Sono coloro che sono così ebbri di festeggiare che hanno ridotto un eletto antifa come Che Guevara a una mera griffe da maglietta senza poi capire che lo stesso rivoluzionario è morto per lo stesso motivo che combatteva. Proprio come loro, (finti e) finiti schiavi del capitale che combattono. Schiavi del nuovo padrone e dei suoi prodotti quali il consumismo ad ogni costo, il gender esasperato, Onlyfans, l’insicurezza delle città, l’immigrazione indiscriminata che è solo un eufemismo per indicare la tratta degli schiavi. Schiavi della sostituzione etnica, non solo della mascherina, del vaccino e del green pass finanche per poter pisciare in un bar, ma addirittura di non scegliere di rimanere in casa dopo le 20:00 di sera o di chiudere le attività in periferia prima che faccia buio.

Allora, complimenti e auguri a tutti i venticinqueaprilisti, complimenti a compagni venticinqueluglisti, complimenti a tutti voi liberati ma non liberi, complimenti al vostro capolavoro che pensate di aver fatto senza aver ancora compreso, ottant’anni dopo, che vi hanno fatto la festa!

Tony Fabrizio

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