Home » Il licantropo e un divoratore di anime: il Bene e il Male esistono davvero?

Il licantropo e un divoratore di anime: il Bene e il Male esistono davvero?

by Marco Battistini
0 commento

Roma, 4 set – Nel caldo agosto dell’estate italiana una Milano di fine anni ‘90 osserva – con fare quasi distaccato – una lunga scia di sangue. Forse legata a una non meglio precisata setta satanica. Qualcuno assicura di aver visto una fiera, qualcun altro addirittura un lupo mannaro. Ma parzialmente distratto dallo svuotamento metropolitano proprio del mese dedicato al primo imperatore, il capoluogo lombardo non sembra particolarmente intenzionato ad interrogarsi sul perché di tanta feroce violenza. Sono invece diversi gli spunti che due romanzi pubblicati dai tipi di Passaggio al Bosco, Il licantropo e Il divoratore di anime, entrambi frutto dalla penna di Roberto Giacomelli, lasciano nella testa del lettore.

Lo sciamano metropolitano

Origini romane, figlio della “luce mediterranea” della Città Eterna, le avventure meneghine di Gabriele De Bellis – questo il nome del protagonista – iniziano qualche tempo prima, in “una mattina di sole, una di quelle di primavera avanzata, nelle quali l’aria, anche a Milano, ha un profumo diverso”. Il giovane professore universitario di Filosofia “appassionato di culti politeisti, di dubbia condotta morale e dalle idee politiche impresentabili” ancora non sapeva che l’incontro con Laura Sellani, ex compagna ai tempi del liceo, gli avrebbe cambiato la vita. Anzi, per meglio dire: l’avrebbe resa completa.

Cresciuto in mezzo ai libri e introdotto fin dalla tenera età alla ferrea disciplina sportiva, si autodefinisce uno sciamano metropolitano. Intellettuale sì, ma dai muscoli d’acciaio: “avrei voluto vivere come uno spartiate, un cavaliere medievale, un pellerossa, l’ultimo difensore di un mondo solare che viene inghiottito dalle tenebre”.

Il licantropo, al di là del bene e del male

Per ammissione dello stesso autore – il lettore ascolti in tal senso la specifica puntata della rubrica Le Merende di Dunwich – la figura di De Bellis, nella sua umanità, vuole rappresentare l’oltreuomo nietzschiano. Un archetipo ben preciso. 

In connessione con il suo spirito guida – Yule, lupo del Mondo Inferiore – De Bellis è chiamato a “una lotta senza quartiere contro elementi che sfuggono la logica e la razionalità”. Contro il dottor Heramalion – l’antagonista de Il Licantropo – il quale, servendosi di una macchina per l’elettroencefalogramma e tramite un uso distorto della  musicoterapia, prepara l’avvento al regno del caos. E – ne Il divoratore di anime – contro Diable Tonnere, un demone caraibico che cerca la propria incarnazione per controllare uomini ridotti in un’egualitaria schiavitù.

Il bello, armonia assoluta della natura

Né topo da biblioteca, né ipertrofico vitaminizzato. Estraneo ai canoni di un mondo che si regge sulla paura, cercherà all’interno di sé un qualcosa di ancestrale, profondamente radicato nell’inconscio. Che precede le credenze di culti abramitici e religioni rivelate. Al di là del bene e del male, appunto.

Gabriele De Bellis è quindi un cultore del bello, armonia assoluta della natura. Nutre la mente e cura il fisico: il suo immaginario è popolato da “cavalieri medioevali, centurioni romani, navigatori vichinghi, guerrieri spartani”. Per fiabe i libri di Tolkien. Le opere di Evola, Castaneda e Guénon i manuali di formazione. Ama la musica classica, moto ruggenti, auto sportive. E – nel corso dei mesi che lo porteranno a un solstizio d’inverno del tutto particolare – corteggia (con meritato successo) donne avvenenti e affascinanti.

Il licantropo e Il divoratore di anime, una doppia opera letteraria mitologia dei nostri tempi. Bene e Male tornano spesso nelle pagine dei due fantasy neri. Ma esistono davvero? Oppure sono semplici categorie morali? E – come suggerisce Yule, l’animale totemico – “c’è solo il Bello. Ciò che la Natura prevede nel suo sommo disegno, quello che devia è il Brutto”. D’altronde, per dirla con De Bellis “il concetto di Bene è solo un prodotto della mente: giustifica l’attaccamento alle cose, alla materia. L’unica perfezione è nell’ordine cosmico, quindi nel caos”. Ecco perché, nel nostro piccolo, abbiamo tifato fin da subito per il lupo mannaro.

Marco Battistini 

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati