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Terra ancestrale, il romanzo che vince la sfida alle stelle

by Marco Battistini
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Roma, 8 set – Fino a dove può spingersi l’uomo? Secondo l’ultimo editoriale di Prometheica – rassegna di studi sul sovrumanismo, la tecnica e l’identità europea – “l’unico modo per «tenere i piedi per terra», essere «realisti» e proporre soluzioni «di buon senso» è dare l’assalto al cielo”. Ovvero “edificare un nuovo mito”, spingersi “al di là del conosciuto, attraversare le frontiere inesplorate” dello spazio. Proprio in questo senso, nel suo esordio letterario per i tipi di Passaggio al Bosco, Alberto Brandi ha provato – riuscendoci in maniera magistrale – ad immaginare su carta un (possibile) futuro prossimo della nostra civiltà. Nei mesi scorsi la narrativa identitaria si è infatti arricchita grazie a “Terra ancestrale, la memoria del sangue”.

“Un agglomerato di sogni e visioni”

Partiamo da un dato di fatto: definirlo come romanzo originale sarebbe estremamente riduttivo, innanzitutto. Lo introduciamo quindi con le stesse parole dell’autore, ovvero alla stregua di un “agglomerato di sogni e visioni”. Il filone è quello della fantascienza, ma qui – come ricorda Francesco Perizzolo nella centrata prefazione del volume – non siamo di fronte ai soliti discorsi “hippie, freak, anarchici, marxisti, utopisti e distopisti”. Ci si attiene piuttosto al mito, immaginando un domani “forma nuova di un passato sempre presente perché scaturito dall’origine”.

La fatica si divide in diversi racconti che ci danno un quadro completo solamente a lettura finita. Associate alle singolari musiche d’accompagnamento, le pagine si susseguono con un ritmo incalzante, raccontandoci le sfaccettature dei protagonisti in carne, ossa e sangue. O meglio: radici, acciaio e spirito se vogliamo utilizzare il motto dei Loups-Garous, l’ordine di mistici-guerrieri che ritroviamo più volte nei passaggi del libro.

Storie di una civiltà che prospera e di uomini (e donne) che hanno vinto la sfida alle stelle. Vivono nel futuro, è vero. Ma questo è solo un piccolo dettaglio perché la loro weltanschauung potrebbe tranquillamente portarli in tantissimi scenari del passato. I confini, ora non più terrestri bensì spaziali, sempre difesi da insidie esterne ma mai considerati come un limite interno. Rimangono – anche ad anni luce di distanza – una demarcazione di differenza. Diversità, come quella che passa tra i custodi di principi eterni e gli immancabili eredi di Efialte – oggi, tra l’altro, è l’otto settembre. O tra ordine e caos, se si preferisce.

Terra ancestrale, dove tutto è naturale

Per chi non l’avesse capito, nell’inchiostro di Terra Ancestrale l’uomo ha conquistato il Sistema Solare. Confrontarsi con l’illimitato d’altronde richiede il rapportarsi all’assenza di forma: quest’ultima si plasma solamente superando il limite (tornando al quesito iniziale: fino a dove può spingersi l’uomo?), facendolo avanzare nel contesto di un nuovo ordine. È la Vittoria, alla quale si contrappone – in questo determinato contesto – la perdita di tutto. Ovviamente, vale la pena giocare.

Ma oltre a quanto si può leggere tra le righe, l’opera si caratterizza per dovizia di particolari scientifici, religiosi, militari e nei futuri fatti storici che “anticipano” il romanzo. Nel migliore dei mondi possibili idealizzato da Brandi troviamo quindi anche animali totemici e avanzatissime intelligenze robotiche. Perché, come ricorda Faye, “tutto è naturale, anche l’artificio”. A proposito, le buone notizie non finiscono qui: siamo solamente al primo capitolo della saga.

Marco Battistini

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