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Leoncavallo, lo sgombero farsa: ecco come il comune ha preparato il “trasloco”

by La Redazione
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Leoncavallo

Milano, 29 ago – Lo hanno chiamato “sgombero”, ma la realtà è ben diversa. Dopo oltre trent’anni di occupazione abusiva, il Leoncavallo non solo non è stato chiuso, ma si appresta a rinascere con una nuova sede, garantita da un bando studiato nei minimi dettagli per favorirne la continuità. È quanto emerge dalle linee di indirizzo approvate dalla giunta Sala per la cessione del diritto di superficie di un immobile comunale in via San Dionigi, rivelate da Libero sul numero odierno.

Il trasloco del Leoncavallo

Formalmente il bando sarà aperto a diverse realtà del sociale, ma la sostanza è evidente: l’amministrazione milanese ha predisposto un percorso fatto su misura proprio per il Leonka. L’immobile in questione è un ex capannone situato in periferia, a due passi dal quartiere Corvetto, oggi in stato di degrado e con seri problemi di sicurezza, tra cui la presenza di amianto sul tetto. La delibera prevede che i futuri concessionari dovranno presentare un progetto con finalità di interesse pubblico, corredato da un piano economico-finanziario per la ristrutturazione. Ma proprio la struttura del bando, con agevolazioni e clausole ad hoc, rende evidente come l’operazione sia pensata per agevolare esclusivamente il Leoncavallo. Il meccanismo è semplice: i costi di ristrutturazione e bonifica, stimati in oltre un milione di euro, saranno sì a carico del concessionario, ma potranno essere detratti dal canone dovuto al Comune. Non solo. L’amministrazione ha previsto che il pagamento del corrispettivo per il diritto di superficie possa essere rinviato addirittura fino al termine dei lavori, trasformando di fatto un debito in un credito. Con un piccolo deposito iniziale, i “leoncavallini” avranno dunque la possibilità di insediarsi nella nuova struttura e iniziare le attività ancora prima di aver adempiuto agli obblighi previsti. La concessione, poi, avrà una durata di novant’anni, che equivale praticamente a una cessione definitiva del bene pubblico. E, come se non bastasse, fino al trenta per cento degli spazi potrà essere destinato ad attività lucrative.

Altro che repressione, scorciatoie politiche

Non è difficile capire che ci troviamo davanti a una vera e propria scorciatoia politica. Il Comune di Milano presenta l’operazione come un’occasione di rigenerazione urbana e di servizio per i cittadini, ma in realtà la vicenda si traduce in un regalo mascherato. Il paradosso è ancora più evidente se si considera che il Leoncavallo deve al Viminale tre milioni di euro e al Comune oltre un milione di euro per arretrati della Tari. In un Paese normale, simili pendenze impedirebbero non solo la partecipazione a un bando, ma qualsiasi rapporto con le istituzioni. Qui, invece, la soluzione è stata trovata: al posto dell’associazione che ha occupato illegalmente per trent’anni, concorrerà la neonata “Fondazione Leoncavallo”, un soggetto creato appositamente per bypassare ogni vincolo e consentire di accedere al nuovo immobile. La reazione del centrodestra non si è fatta attendere. Fratelli d’Italia e Lega hanno parlato apertamente di “sanatoria mascherata”, annunciando ricorsi, esposti in Procura e segnalazioni alla Corte dei Conti. L’indignazione è alimentata non solo dall’ennesimo favore concesso a chi ha violato la legge per decenni, ma anche dall’ipocrisia con cui il tutto viene confezionato come un atto di legalità. Lo “sgombero” del Leoncavallo del 21 agosto si rivela dunque per quello che era sin dall’inizio: non la fine di un’esperienza illegale, ma un trasloco concordato, con tanto di premio finale.

Il Leoncavallo e gli esercizi d’ipocrisia

Il caso è emblematico della gestione politica della sinistra milanese: i centri sociali non si toccano, anzi si elevano a patrimonio storico e sociale da difendere a ogni costo. La legalità viene piegata e manipolata per salvare l’occupazione mentre lo Stato rinuncia a riscuotere i debiti accumulati e addirittura offre condizioni di favore che nessun altro cittadino o associazione potrebbe mai ottenere. In questo modo, il Leoncavallo non solo esce indenne da trent’anni di abusi, ma si ritrova a beneficiare di una sede nuova, di un contratto quasi eterno e di un trattamento privilegiato. Altro che repressione brutta e cattiva: quella del Leoncavallo è stata l’ennesima dimostrazione che in Italia esistono occupazioni di serie A e occupazioni di serie B. Chi ha passato gli ultimi giorni a inveire contro CasaPound dovrebbe mettere la testa sotto la sabbia. Perchè quando si tratta di centri sociali di sinistra, la parola legalità diventa soltanto un esercizio d’ipocrisia.

Vincenzo Monti

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