Roma, 15 mag – Nel dibattito odierno sull’identità e sul futuro dell’Europa, emergono sempre più frequentemente voci critiche nei confronti dell’assetto attuale dell’Unione Europea e del suo rapporto con le grandi potenze globali, ma non solo: vi sono anche voci che pur partendo da posizioni diametralmente diverse, parlano di Europa come potenza e possibilità “storica” per i nostri popoli. Tra queste, si distingue quella di Fabio Filomeni, fondatore dell’associazione Europa Sovrana e Indipendente (ESI), che propone la creazione di uno Stato europeo autenticamente sovrano, svincolato da influenze esterne e dotato di una propria capacità strategica.
Dialogare sull’Europa, con dissensi ma senza pregiudizi
Il Primato Nazionale ha deciso di intervistarlo non perché ne condivide tutte le posizioni – in particolare sulle ragioni russe e sulla teoria della terza Roma (anzi, su alcuni aspetti ci riserviamo di mantenere la più assoluta distanza) – ma perché ritiene interessante e degna di approfondimento l’idea di un’“Europa Potenza”, capace di affermarsi in modo autonomo nello scenario globale moderno. Un’idea che, sebbene declinata con accenti diversi, può risuonare anche tra quanti da sempre difendono una visione identitaria e sovranista, attenta alle radici culturali e agli interessi dei popoli europei. Per quanto ci riguarda, l’opzione politica pro o anti europea costituisce il vero spartiacque politico fondamentale. E con chi auspica l’Europa potenza siamo disposti a dialogare anche in presenza di dissensi radicali sulle contingenze geopolitiche.
L’intervista a Fabio Filomeni
Il progetto ESI propone la nascita di uno Stato europeo indipendente e sovrano. Come nasce questo progetto? Crede che si possa conciliare questa ambizione con la forte diversità culturale e politica tra i popoli europei?
Europa Sovrana e Indipendente (ESI) è un’idea politica nata nel 2023, poche settimane dopo la pubblicazione del mio saggio “Morire per la NATO?”. Grazie a quel libricino ho incontrato persone straordinarie provenienti da vari settori della società civile, con cui è nata subito una forte affinità politica intorno a una nuova idea di Europa. A dicembre dello stesso anno, insieme a Bruno Spatara, Luca Tadolini, Luigi Scotto e Diego Olivari, abbiamo fondato l’associazione ESI, alla quale si sono poi uniti anche Gianluca Priolo e mio cugino Maurizio Filomeni. Fin dall’inizio, l’obiettivo comune è stato quello di individuare strategie per una rinascita europea, in un mondo costruito anche dall’Europa stessa ma da cui oggi è esclusa, per mancanza di visione e volontà, a vantaggio di potenze come Stati Uniti, Cina e Russia. L’Europa è un mosaico di micro-identità locali che formano un’unica civiltà. Questa ricchezza culturale può diventare un punto di forza solo se sapremo superare i grandi egoismi delle piccole Nazioni, una necessità reale per non soccombere in un mondo governato da superpotenze continentali.
È in corso un dibattito sempre più acceso sull’identità dell’Europa: c’è chi vuole rifondarla e chi invece ne contesta l’esistenza stessa come entità storica. Per voi, l’Europa esiste davvero? E quale Europa immaginate?
Spesso si definisce l’Europa un continente a sé, ma in realtà, come diceva Nietzsche, è solo una “penisoletta” dell’Asia. Questa indefinitezza geografica diventa un vantaggio: apre un grande spazio di libertà per definirne i confini. Per noi di ESI, l’Europa è la nostra grande terra, da sempre centro di energia vitale e civiltà proiettate nello spazio e nel tempo. Oggi, geopoliticamente, l’Europa è divisa tra Unione Europea e Federazione Russa. Quest’ultima è a tutti gli effetti una nazione europea, come testimoniano le radici comuni della nostra storia: dall’antica Roma a Costantinopoli, dal Sacro Romano Impero a Mosca, la cosiddetta “Terza Roma”, dove l’aquila bicipite campeggia ancora sulla bandiera russa. Ma tra UE e Russia esiste una differenza cruciale: la sovranità. L’Europa occidentale, a differenza della Russia, è succube dell’egemonia statunitense, instaurata con la vittoria angloamericana nella Seconda guerra mondiale. Un’egemonia politica, culturale, economica, industriale, finanziaria e soprattutto militare, con centinaia di basi e migliaia di soldati sul nostro territorio. L’Europa che sogniamo è invece sovrana, indipendente, autonoma dagli Stati Uniti e in pace con la Russia.
Auspicate un riavvicinamento con la Russia, ma il contesto geopolitico attuale rende questa prospettiva molto divisiva. Come pensate che l’Europa possa riallacciare i rapporti con Mosca senza spaccarsi al proprio interno?
L’Europa oggi è spaccata in due a causa di uno sconsiderato allargamento della NATO verso Est, culminato con la guerra per procura avviata dall’amministrazione americana undici anni fa: dal regime-change di Euromaidan alla persecuzione degli Oblast russofoni del Donbas. Con l’operazione speciale di Mosca, la rottura diplomatica e il sabotaggio del Nord Stream, il Pentagono ha realizzato il vecchio sogno di Brzezinski: separare la Germania dalla Russia. Le responsabilità non vanno dimenticate, soprattutto ora che l’attuale presidente USA cerca di apparire come pompiere, quando conosciamo bene chi ha appiccato l’incendio. La UE, intanto, ha dimostrato totale mancanza di strategia: ha rinunciato al ruolo super partes verso Mosca per allinearsi completamente alla linea della NATO, offrendo sostegno militare incondizionato all’Ucraina in nome di presunti valori democratici. Con il riposizionamento di Trump, emergono tutti i limiti dell’UE, ancora oggi un’istituzione prevalentemente economica, priva di una leadership vera, che si affida a iniziative unilaterali dei singoli leader o a coalizioni improvvisate, incapace di agire con l’autorità di una vera superpotenza.
Nel vostro programma proponete l’uscita dalla NATO e la creazione di un esercito europeo autonomo, persino dotato di deterrenza nucleare. È davvero questa la strada giusta per rafforzare la sicurezza del continente?
Gli Stati Uniti mantengono tuttora una forte presenza in Europa, con centinaia di basi e oltre centomila soldati. In Romania, sotto il sedicente sovranista George Simion, si sta costruendo la base NATO più grande del continente: 2.800 ettari. Per ESI, non può esistere vera indipendenza senza una capacità di difesa autonoma, affidata a uno strumento militare moderno ed efficiente. Nessuna superpotenza al mondo ne è priva. Non siamo contrari al riarmo europeo: non in chiave antirussa, che non consideriamo una minaccia, ma come passo necessario per emanciparci dagli Stati Uniti e dalla NATO. L’uscita dall’Alleanza Atlantica non sarà un prius, ma un posterius, successivo alla realizzazione di una vera Comunità Europea di Difesa, come quella ipotizzata nel 1954. Sulle armi nucleari, sarò chiaro: rifiutarne la produzione ma accettarle sul proprio suolo se appartengono a un governo straniero – leggi USA – è pura demagogia. Nessuna potenza può definirsi tale senza deterrenza nucleare. Se l’Europa vuole diventare una superpotenza, non può farne a meno.
Cosa risponde a chi sostiene che l’idea di un’Europa armata sia solo una mossa anti-russa, tanto più che non esisterebbero oggi minacce concrete tali da giustificare un riarmo?
In parte ho già risposto nella domanda precedente. La Russia sta conducendo una guerra con obiettivi chiari e circoscritti, che ormai dovrebbero essere evidenti a tutti. La narrazione secondo cui Putin vorrebbe ricostruire l’impero sovietico e invadere perfino Lisbona è ormai accantonata anche dal mainstream. La Russia, con 17 milioni di km², 11 fusi orari, 145 milioni di abitanti e ricchissima di materie prime, che interesse avrebbe ad attaccare un’Europa occidentale da mezzo miliardo di abitanti, peraltro dipendente dalle sue forniture energetiche? Quanto alle invasioni, la storia insegna il contrario: sono stati gli occidentali a invadere la Russia – i polacchi e lituani nel 1610, la Svezia nel 1708, Napoleone nel 1812 e la Germania nazista nel 1941. E sappiamo com’è finita.
Il vostro manifesto parla esplicitamente di “Europa Potenza”. In cosa si differenzia questa visione dal modello federale tecnocratico attuale? E perché sarebbe più adatta ad affrontare le sfide del mondo multipolare?
ESI ambisce a unificare l’Europa perché possa assumersi la responsabilità della propria potenza e rafforzarla su scala mondiale. Serve superare il modello di cooperazione economica nato dalla Guerra Fredda e basato sui valori del capitalismo globale, modello che ha portato alla costruzione dell’Unione Europea con tutti i limiti e le distorsioni che conosciamo: un apparato burocratico invasivo, tecnocratico, lobbistico e incapace di concepire l’Europa come vero territorio di potenza. È necessario trasformare l’UE in una vera entità politica: uno Stato europeo con un Governo Federale dotato di proprie Forze Armate e poteri esecutivi su esteri, economia, energia, industria, moneta e difesa, legittimato democraticamente dal voto dei cittadini. Una simile figura politica, espressione della volontà popolare europea, favorirebbe una maggiore ponderazione e rispetto delle specificità nazionali, comunque rappresentate nel Parlamento. Solo un’Europa Nazione, potenza economica, tecnologica e militare, potrà confrontarsi alla pari con le superpotenze globali, senza ingerenze né subordinazioni. È il concetto di “soglia di potere” di Marcelo Gullo: il minimo di potere necessario affinché uno Stato possa mantenere la propria autonomia.
Il Primato Nazionale ha sempre difeso una visione sovranista e identitaria, ma da qualche anno si interroga anche sul “livello europeo” come eventuale spazio di potenza e autodifesa. È possibile un terreno comune tra il vostro europeismo confederale e una visione sovranista non globalista, attenta alle radici e agli interessi dei popoli?
Il termine sovranismo è oggi molto inflazionato e spesso usato impropriamente come sinonimo di nazionalismo. Secondo la Treccani, è la posizione politica che difende o rivendica la sovranità nazionale contro globalizzazione e politiche sovranazionali. Partendo da questa definizione, ESI propone un sovranismo multilivello:
- A livello alto, un sovranismo europeo, inteso come liberazione dall’egemonia degli Stati Uniti e conquista dell’autonomia strategica dell’Europa;
- A livello inferiore, un sovranismo nazionale, in linea col principio di sussidiarietà, dove gli Stati mantengono prerogative su materie centrali e devolvono altre alle regioni, come già avviene in Italia.
Quanto alla critica della globalizzazione, ESI la rigetta con fermezza, definendola – citando Valerio Benedetti – un “incesto liberal-marxista” che si regge su piedi d’argilla, specie nell’era dei dazi trumpiani. Una delle colpe più gravi dell’UE globalista e neoliberale, secondo ESI, è proprio l’aver sacrificato le specificità identitarie dei popoli sull’altare di vaghi “valori universali” e di un consumismo senz’anima. Al contrario, sono le identità a fondare le differenze e rendere il mondo realmente plurale. Per questo ESI crede fondamentale rafforzare la coesione europea attorno a un comune sentimento di appartenenza. Come disse Mussolini: “Non bisogna sentirsi italiani in quanto europei, bensì europei in quanto italiani”.
Voi proponete di liberare l’Europa dall’egemonia americana, ma come credete si possa evitare che questo progetto sfoci in un’altra dipendenza, magari da altre potenze come Russia o Cina?
I partiti e i movimenti che professano il sovranismo a livello del singolo Stato, o hanno fatto i conti senza l’oste, o sono in malafede. Come è possibile liberarsi dall’egemonia di una superpotenza se non possiedi i mezzi, le energie, quel quantum di potere minimo necessario di cui parlavamo prima? Basti vedere il nostro Presidente del Consiglio: ce lo ricordiamo tutti la Signora Meloni cosa gridava dai banchi dell’opposizione a Montecitorio? Posizioni anti-Nato, apertamente contro l’Atlantismo stile ‘destra sociale’ anni Settanta. E adesso? ‘Pappa e ciccia’ con il potente di turno alla Casa Bianca. Non vorrà mica farci credere che siano atteggiamenti frutto di normali relazioni umane? È, purtroppo per noi, quella soglia di ‘italico potere’ troppo bassa al cospetto di una superpotenza come gli Stati Uniti d’America che costringe ad atteggiamenti di bieca sudditanza. E qui rispondo alla sua domanda: se alzassimo la soglia di potere da livello nazionale a livello di Stato europeo, forte di mezzo miliardo di abitanti, su una superficie di 5 milioni di chilometri quadrati, una potenza industriale, economica, tecnologica e militare, difficilmente cadremmo sotto l’influenza egemone di un altro Stato, Russia, Cina o altra superpotenza che sia.
Se dovesse rivolgersi oggi direttamente ai cittadini europei che si sentono traditi dall’Unione Europea ma ancora diffidenti verso nuovi progetti sovranisti continentali, quale sarebbe il messaggio di Europa Sovrana e Indipendente?
Gli direi di concentrarsi per un attimo sull’Ucraina. Gli chiederei di fare mente locale a quando il suo presidente è stato preso a pesci in faccia da Trump nello studio ovale della Casa Bianca. Lo inviterei a riflettere sul ricatto – sottoforma di contratto – dello sfruttamento del sottosuolo ucraino da parte delle aziende americane avide di terre rare. Poi gli chiederei se riuscisse ad immaginare analoghi atteggiamenti di Trump nei confronti di un Putin o di uno Xi Jimping. Infine, gli chiederei se c’entra per caso il fatto che sono presidenti di potenze di dimensioni continentali in possesso di bombe atomiche…
Vincenzo Monti