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Milano, Ramelli e Sala: la memoria negata dalla sinistra “umana”

by La Redazione
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Milano

Roma, 26 mag – C’è qualcosa di profondamente marcio nel modo in cui la sinistra italiana, anche quella apparentemente “moderata”, gestisce la memoria pubblica. Lo abbiamo visto di nuovo a Milano, dove il solo proporre di intitolare una scuola a Sergio Ramelli – giovane militante del Fronte della Gioventù massacrato a colpi di chiave inglese da un commando di Avanguardia Operaia – scatena reazioni scomposte, nervose, isteriche.

Milano, ancora polemiche su Ramelli

Il sindaco Beppe Sala, emblema di quella borghesia progressista che ama parlare di inclusione ma seleziona accuratamente chi includere, ha bollato come “divisiva” la proposta lanciata da Ignazio La Russa. La parola chiave è questa: divisivo. È il nuovo termine passepartout per nascondere la viltà morale. Come se la colpa di dividere non fosse dell’ideologia che ha armato i carnefici, ma di chi osa ricordare la vittima. Quando si tratta di Ramelli, le stesse istituzioni che dovrebbero garantire equilibrio e imparzialità si rifugiano dietro alibi miserabili. E allora sì, La Russa ha ragione: siamo davanti all’ennesimo caso di due pesi e due misure perchè «se è stato possibile intitolare una scuola a Claudio Varalli, ucciso in quegli stessi anni, non si capisce perché non si possa fare lo stesso con Ramelli». La sinistra sa commemorare solo sé stessa. Per gli altri c’è l’oblio. E questo accade nonostante Ramelli sia oggi, per molti, simbolo di una memoria condivisa. Ogni anno centinaia di giovani, in silenzio, ordinati, con compostezza e rispetto, lo ricordano nella sua città. Nessuna violenza, nessuna provocazione. Ma anche questo viene raccontato come “pericoloso”, come qualcosa da contenere, da disinnescare. Perché il vero scandalo, per questa sinistra, è che qualcuno non si vergogni della propria identità.

La sinistra che prende atto di tutto, tranne che di Ramelli

Non bastasse il caso Ramelli, Sala è riuscito ad attirare su di sé un’ulteriore polemica con l’esposizione del sudario bianco in solidarietà con Gaza sulla facciata di Palazzo Marino, nell’ambito della campagna “50mila sudari per Gaza”. Un gesto che, nelle intenzioni del sindaco, voleva essere “un atto di coscienza umana” ma che è stato subito criticato dalla Brigata Ebraica come “discriminatorio”. Sala ha replicato che non si tratta di prendere posizione ma solo di “prendere atto della tragedia”. Parole ipocrite: come si può denunciare solo una parte del conflitto e poi dichiararsi imparziali? Ma soprattutto, perchè non si può “prendere atto” anche della tragedia di Sergio Ramelli? Gaza è meno divisiva? Davvero una strana “coscienza umana” quella di Sala. La verità è che la sinistra italiana non ha mai fatto veramente i conti con la propria storia. Non riesce a guardare negli occhi la parte rossa della propria coscienza: gli anni Settanta, la violenza politica, i morti di destra passati per decenni sotto silenzio. Eppure quei morti ci sono stati. E gridano ancora.

La verità è più forte del silenzio

Chi oggi si rifiuta di intitolare una scuola a Ramelli, chi nega la dignità della sua memoria, sta dicendo — senza il coraggio di ammetterlo apertamente — che ci sono morti che non meritano nemmeno un nome su una targa. Ma la verità è più forte del silenzio. E Ramelli, oggi come allora, continua a interrogarci con la sua assenza. E a denunciare — col suo semplice ricordo — l’ipocrisia di chi, a cinquant’anni di distanza, pretende ancora di selezionare i morti buoni e quelli scomodi.

Vincenzo Monti

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