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Orazio e i Curiazi: il mito guerriero che fonda l’ordine politico

by Sergio Filacchioni
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Orazio

Roma, 16 lug – Nel panorama degli studi sulla romanità, pochi autori hanno avuto l’audacia e la lucidità di Georges Dumézil, indoeuropeista di fama mondiale, nel proporre letture alternative e radicali dei miti antichi. Orazio e i Curiazi, edito da Gallimard nel 1942, rappresenta uno dei suoi capolavori: un testo che non si limita a raccontare, ma spiega e analizza il mito romano della sfida tra i tre fratelli Orazi e i tre fratelli Curiazi, restituendogli la sua funzione originaria.

Orazio e i Curiazi, l’iniziazione militare indoeuropea

Il racconto non è, per Dumézil, un semplice episodio leggendario, ma un dispositivo simbolico attraverso cui Roma giustifica e codifica l’ordine sociale e politico della propria comunità. Un ordine che si presenta come naturale e inviolabile, ma che è in realtà una costruzione storica e ideologica. Dumézil non si accontenta di leggere la vicenda come una favola patriottica o un’esaltazione della virtus guerriera. Dopo aver studiato Romolo come sovrano magico e Numa come re giurista, con Orazio l’indoeuropeista entra nel regno della seconda funzione: quella militare. Il duello tra Orazi e Curiazi rappresenta non solo un conflitto tra Roma e Alba Longa, ma la messa in scena ritualizzata della funzione guerriera nel ciclo fondativo della città eterna. Dietro il racconto, Dumézil rintraccia un’antichissima forma di iniziazione militare: una prova di selezione e di disciplina collettiva che trasforma la violenza primordiale in strumento al servizio dell’ordine politico. È l’esatto opposto del modello nordico o celtico, dove il guerriero è preda del furor individuale, della Wut, della ferg. Roma invece subordina l’impeto alla strategia, l’individuo alla comunità, la forza al rito.

Un modello interpretativo anti-relativista

In piena epoca di decadenza intellettuale e disgregazione culturale, Dumézil offre un modello interpretativo che si oppone frontalmente al riduzionismo materialista e al relativismo storico. La sua analisi mostra come i miti non siano mere fiabe per intrattenere, ma strumenti di trasmissione di valori, strutture mentali e modelli sociali, risalenti alla comune radice indoeuropea. Dumézil spiega come la disciplina militare romana, la disciplina, si sia distinta per la capacità di armonizzare la forza individuale con l’ordine collettivo. Attraverso il confronto con le tradizioni celtiche e germaniche, dove il guerriero è concepito come eroe solitario dominato dal furor, Dumézil esalta la peculiarità romana: la capacità di trasformare la virtus bellica in elemento organico e funzionale alla comunità. Un modello che, piaccia o no, è alla base dell’Impero romano e della sua millenaria storia. Orazio e i Curiazi va letto non solo come saggio storico o mitologico, ma come un testo di filosofia politica e religiosa. Dumézil pone domande fondamentali sul rapporto tra mito e rito, tra collettivo e individuale, tra destino e funzione sociale. La sua opera è, in fondo, una difesa del senso profondo dell’identità di un popolo, della sua memoria simbolica e dei suoi archetipi.

Orazio come fondatore dello stato

Nel mito di Orazio e dei Curiazi si cela anche quella «finzione capitale del lessico e dell’immaginario politici» di cui parla il politologo Alessandro Colombo: la finzione dell’immortalità. Roma mette in scena la propria vittoria e la trasforma in un archetipo destinato a non tramontare mai, un ordine che, una volta posto, sta – come suggerisce l’etimologia stessa della parola Stato. Il mito non racconta solo come Roma ha vinto, ma soprattutto perché è giusto che abbia vinto e perché dovrà sempre vincere. Questa operazione ideologica trasforma il racconto in un pilastro della cultura politica romana, giustificando la violenza ordinata, la disciplina militare, la supremazia della disciplina sulla semplice virtus. Dumézil mostra come tutto questo venga tramandato per naturalizzare un sistema sociale: la subordinazione dell’individuo alla funzione, il sacrificio del guerriero al bene della comunità.

La decisione originaria

In un’epoca come la nostra, in cui le narrazioni collettive sono svuotate e i miti fondativi dissolti in una retorica di plastica, il lavoro di Dumézil rappresenta un invito a ripensare i fondamenti. Non per nostalgia, ma per consapevolezza. Comprendere che ogni ordine politico nasce da una decisione originaria, da un rito, da un mito, significa anche sapere che nulla è davvero immutabile, che tutto potrebbe essere altrimenti. Eppure, come Roma insegna, la forza di una civiltà risiede proprio nella capacità di “fingere” la propria eternità.

Sergio Filacchioni

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