Roma, 10 ago – La storica sede di via delle Botteghe Oscure, che soprannominata “Bottegone” da Giampaolo Pansa, riapre le porte dopo anni di inattività. Non più come quartier generale del Partito Comunista Italiano (PCI) o di un redivivo progetto di socialismo reale, ma come hotel a cinque stelle gestito dalla catena americana Hyatt, con settanta camere destinate a clientela di fascia alta.
Dal PCI alla catena di lusso
Costruito nel 1938 e acquistato dal PCI nel 1946, il palazzo è stato per 45 anni il centro nevralgico della vita politica comunista in Italia. Qui hanno lavorato figure come Palmiro Togliatti ed Enrico Berlinguer, e da qui sono partite le principali linee strategiche del partito. Il palazzo di via delle Botteghe Oscure è rimasto il “cuore” immobiliare della sinistra anche dopo la fine del comunismo: saranno i Ds a vendere l’edificio nel 2000, anche per ripagare parte dei quasi 600 milioni di debiti accumulati. Dopo aver ospitato – paradosso per chi voleva abbattere il capitalismo – l’Associazione Bancaria Italiana e attività commerciali, l’edificio è passato alla Tosinvest della famiglia Angelucci, che ha scelto la riconversione turistica. E così, per uno strano scherzo del destino, oggi i vincoli della Sovrintendenza impongono la conservazione di due soli elementi simbolici nell’androne: il busto di Antonio Gramsci e la bandiera della Comune di Parigi. Una beffa “storica” che rasenta il declino di una sinistra troppo impegnata a sorvegliare le sedi, i simboli e la memoria degli altri.
La memoria politica a senso unico
Il caso riporta in primo piano il tema della memoria politica, mai come negli ultimi anni di governo Meloni riportata in auge dalla sinistra parlamentare e radicale: l’attenzione morbosa verso le sedi, i simboli, i riferimenti, le feste della destra, la critica feroce che il 2 agosto scorso è partita a reti unificate verso il Movimento Sociale Italiano reo di aver protetto terroristi e stragisti. Insomma, se c’è una parte che sulla memoria non ha sepolto l’ascia di guerra, quella è proprio la sinistra. Un altro esempio: negli ultimi mesi, la vicenda di Acca Larenzia – con l’acquisto della storica sede del MSI da parte dell’associazione politica legata a CasaPound che da anni la mantiene attiva, e sostenuta anche da un finanziamento della Fondazione Alleanza Nazionale – ha scatenato polemiche e prime pagine. Giorgia Meloni, interrogata sul punto, ha dato una rara lezione di stile: «Contenta che la sede storica del MSI non sia diventata un fast food».
L’eredità del PCI: rassegnazione e nostalgia
Quindi ora una domanda sorge spontanea: com’è possibile che nell’anno del film “evento” Berlinguer: la grande ambizione, nell’anno del revival antifascista sulla Palestina, nell’anno in cui la sinistra non ha perso occasione per dare dei fascisti al governo sul decreto sicurezza, nell’anno della mega campagna referendaria della CGIL che ha portato migliaia di cittadini in piazza, non si sia alzata nemmeno una voce e una mobilitazione per difendere Botteghe Oscure? Sono forse contenti dell’idea di un hotel di lusso in cui turisti alto locati potranno scattarsi selfie con il busto di Gramsci? O magari la difesa dei luoghi storici non è una priorità? Oppure non serve attaccarsi ai mattoni, quando si ha a disposizione armi formidabili come stampa, scuola, magistratura? Oppure, più amaramente, contro la grande macchina finanziaria che stritola le città perfino la bandiera della “gloriosa” comune diventa un souvenir? In ogni caso, strano oggetto questa “memoria” del PCI: sembra funzionare soltanto come icona sentimentale. Un mix di rassegnazione e nostalgia.
Vincenzo Monti