
I numeri degli azzurri sono implacabili: 79 punti realizzati a fronte dei 224 subiti, 8 mete segnate contro le 29 degli avversari, delle quali ben 18 nelle ultime due trasferte in Irlanda e Galles. Al quadro si deve aggiungere, necessariamente, il dato riferito agli infortuni subiti dagli azzurri, 18 nell’arco del torneo. Un numero impressionante che non trova riscontri nel passato della nostra nazionale, frutto dell’inadeguatezza della rosa attuale a livello internazionale. Ai giovani esordienti non si può rimproverare nulla sul piano dell’impegno, ma è evidente che il cambio dei ritmi di allenamento e dell’intensità del gioco porta a uno stress, fisico e mentale, che aumenta la possibilità di incorrere in infortuni.

Gavazzi dichiara che il gap con le nazionali più quotate si è ridotto, che l’under 20 esce sconfitta nel Sei Nazioni di categoria solo perché formata da ragazzi più giovani rispetto agli avversari, che il movimento continua a crescere nei numeri e nella qualità, mentre i dati descrivono una realtà opposta. Se il rugby italiano vuole realmente tirarsi fuori da questo pantano dovrebbe iniziare, con umiltà e serietà, a ripartire dal lavoro sul campo, mettendo da parte le diatribe politiche tra vertici federali e comitati regionali. Abbiamo raggiunto un livello talmente basso da mortificare l’intera base, e il rischio concreto, oltre a quello di vedere una nazionale continuamente bastonata, è quello di allontanare i giovani italiani da uno sport fondamentale per la crescita fisica e mentale dell’individuo.
Francesco Pezzuto
1 commento
E’ veramente un peccato. Uno sport bellissimo poco considerato in Italia.