Roma, 11 giu – “L’immigrazione rende più della droga”. È questo quanto emerge nella conferenza stampa del procuratore di Napoli Nicola Gratteri a margine della maxi-indagine sull’immigrazione clandestina che ha portato in carcere tre avvocati e ai domiciliari un appartenente alle forze dell’ordine e altri impiegati del CAF. Ma questo può essere anche il vero motivo che ha spinto queste persone a correre a mettere su una vera organizzazione criminale.
10mila euro per regolarizzare immigrati illegali
Il sistema era molto ben rodato, coinvolgeva professionisti della legge, CAF, sindacati, imprenditori e anche due appartenenti alle forze dell’ordine e funzionava pressappoco così: un membro della Polizia municipale in servizio a Bolzano reclutava in giro per la città immigrati non in regola promettendo loro di regolarizzarli in cambio di tariffe fino a 10mila euro. Qui entravano in gioco vari imprenditori del nolano, area metropolitana di Napoli già tristemente nota per una protesta di immigrati e dove insiste una forte concentrazione di immigrati soprattutto di bengalesi. Il datore di lavoro incassava i diecimila euro in cambio di un contratto di lavoro ovviamente fasullo e poi spariva, mentre gli avvocati curavano tutta la pratica del permesso di soggiorno che era l’unica cosa vera. Poi era il momento di un un appartenente della Polizia di Stato che era bravo a caricare sulla piattaforma le richieste dei clandestini.
Un ricco business che ha portato ad acquistare beni di lusso come una Ferrari la cui modalità di acquisto dovrà essere spiegata agli inquirenti da parte di persone che conducevano un tenore di vita medio-basso.
I danni del business immigrazione
Gli investigatori adesso dovranno accertare quanta gente delle 4mila richieste al momento acquisite è entrata effettivamente in Italia e a quanti di loro sono stati spillati cifre da capogiro. E dovranno anche appurare se sono solo tre i CAF coinvolti, perché potrebbero essercene anche di più, così come l’organizzazione potrebbe avere più braccia.
Se questa è la cronaca, verrebbe da chiedere per quale strano motivo persone che sono disposte a pagare fino a 10mila euro debbano muoversi dai propri paesi dove è difficile racimolare qualche soldo. Verrebbe anche da chiedere, soprattutto agli avvocati coinvolti, agli specialisti, ai periti e ai professionisti in materia fiscale e del lavoro che si sono prestati, sfruttando il “decreto flussi” e il “click day”, al netto dell’usura che si traduce in una profitto prettamente personale; quale impatto sociale può avere anche una singola richiesta. Se davvero di fronte all’usura si può (non) pensare di abbandonare gente per strada, dopo che sono stati cavati loro fior fiore di risparmi, spesso di una vita, così come gli imprenditori che si volatilizzavano una volta intascata la mazzetta. Fino a che punto può valere una somma di denaro in confronto alla dignità umana, propria e degli altri. Il business dell’immigrazione è un male senza fine che inevitabilmente finisce per distruggere il Paese in cui si vive da punto di vista economico, culturale, sociale, sociologico, della sicurezza per cui non basteranno 10mila euro a persona per i danni provocati. “Risorse” sì, ma per chi ci specula. Accoglierli significa sfruttarli e dimenticarli. Ma questo fa parte dell’etichetta di “buoni(sti)” del mondo.
Tony Fabrizio