Roma, 14 ago – No, non mi fanno sentire in colpa i titoli di giornali e telegiornali che pompano a tutta forza la notizia dell’ennesima tragedia del mare, che mi parlano dei venti morti e non degli ottanta sopravvissuti e della bambina di pochi anni usata come ciliegina sulla torta. Non mi fa sentire in colpa nemmeno la locuzione petalosa “viaggio della speranza” perché questi, ormai è risaputo, sono viaggi dell’incoscienza, soprattutto se affrontati con bambini o ancor più imbarcando bambini senza la presenza di familiari.
Altri morti sacrificati sull’altare dell’accoglienza
Da italiano non riesco a sentirmi in colpa perché la colpa è di un governo che vende fumo in Patria e fuori: alla sua gente ha fatto credere di voler fare il blocco navale, mentre poi ha di fatto fatto un decreto legge per aprire porte e porti a mezzo milione di allogeni. Da italiano non riesco a sentirmi in colpa per questa tragedia in arrivo se non riesco prima a sentirmi in colpa per la partenza di milioni di italiani, di migliaia di giovani professionisti, titolati, dell’eccellenza a cui la propria terra non riesce a garantire semplicemente un lavoro, una casa e una esistenza dignitosa. Non posso sentirmi in colpa per una bambina fatta morire se non riesco a indignarmi per milioni di bambini che in Italia non possono più nascere perché altri hanno deciso per me che la popolazione italiana e quella europea devono estinguersi per essere sostituite.
Intanto, sono partiti in cento su due carrette e domani sbarcheranno in oltre ottanta che ingrosseranno le fila dei dimenticati per strada che dovranno pur mangiare, dormire, lavarsi e provvedere ai propri bisogni. Non si sa nulla delle condizioni igieniche in un mondo ancora infestato da pandemie di ogni genere né si sa qualcosa del passato di ciascuno di loro, almeno fin quando non si renderà protagonista dell’ennesimo stupro. Se venderà morte in polvere o in pillole nei parchi delle nostre città nessuno nemmeno se ne accorgerà perché sarà solo uno dei tanti. Dei troppi.
Ecco perché bisogna parlare della ventina di migranti morti: per non parlare dell’ottantina dei nuovi vivi che da domani sarà in fila per ottenere il permesso di soggiorno e troveranno giudici pronti a condannare questure e Viminale se faranno troppa fila. Troveranno sindaci pronti a dar loro priorità nella lista degli aventi diritto ad un alloggio popolare e allo sgravio sulle bollette. Troveranno cooperative che vedranno in loro una nuova opportunità di guadagno, saranno prede cui succhiare tutto il sangue possibile, fino a fabbricare l’ultimo centesimo. Troveranno il buonista di turno che sarà pronto a giustificare l’ennesimo omicidio, il nuovo caso di stupro che nessuno conta più, il furto che ormai diviene sopravvivenza, derubricando ormai tutto negli episodi di cronaca giornaliera e giustificando l’accaduto, pur se terribile, col fatto che il migrante non ha trovato l’america in Italia e in qualche modo deve pure arrangiarsi. Intanto, si assottiglierà ulteriormente, fino a scomparire quello che era lo stato sociale e che oggi si chiama welfare. Un’altra accoglienza forestiera che non ha fatto altro che distruggere ciò che prima era sintomo di benessere e interesse. Gratuito.
Una tragedia che non avrà insegnato niente
Non riesco a sentirmi in colpa perché tutto questo succede in quell’Italia che chi la governa, che pure ha vissuto l’Italia quale quarta potenza mondiale, non fa nulla affinché tutto questo non accada e non accadrà ancora. Non fa nulla perché questi sono i rischi che si devono correre per realizzare un progetto più alto. Ci saranno altri morti sacrificati sull’altare dell’accoglienza per un numero sempre maggiore di nuovi arrivi. Ci saranno altri italiani che lasceranno il suolo natìo e altri loro figli, altri italiani che non nasceranno affinché ci siamo sempre maggiori nuovi arrivi. Non riesco a sentirmi in colpa perché questa milionesima carretta allestita per il trasbordo intercontinentale di mercanzia umana è stata prontamente soccorsa appena in difficoltà e aiutata a sbarcare e a riversare il suo contenuto umano negli hotspot già al collasso la cui unica soluzione è scappare per essere dimenticati, anziché rimandarla indietro carica.
Non mi sento in colpa perché domani questa sarà una tragedia che non avrà insegnato niente al governo e niente ai protettori di queste politiche omicide dell’identità, del rispetto della persona e dell’accoglienza vera, possibile e dignitosa, ma parleremo di una nuova tragedia che si ripeterà ancora, sempre uguale e che, allora, ancora una volta non mi potrà fare sentire in colpa.
Tony Fabrizio