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Palagonia (CT), 31 ago – Era la notte tra il 29 e il 30 agosto al Cara di Mineo, il Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo sulle pendici dei monti Iblei, in provincia di Catania, quando nel corso dei normali serrati controlli delle forze dell’ordine, i carabinieri scoprono nel borsone di un immigrato clandestino proveniente dalla Costa d’Avorio un computer, una telecamera e un telefono cellulare di cui lo straniero non riusciva a spiegare la provenienza.
È stato sufficiente un controllo sull’identità del vero proprietario del telefonino per far scattare i controlli: una pattuglia di carabinieri si è recata a Palagonia, 12 km dal Cara, facendo la macabra scoperta. Prima lei, una donna settantenne di origine spagnola, Mercedes Ibanez, che giaceva senza vita nel cortile per essere stata scaraventata giù dal balcone, quindi lui, l’Italiano Vincenzo Solano, 68 anni, morto sgozzato all’interno dell’abitazione.
Secondo i vicini, attoniti e disperati, la coppia – rientrata 10 anni fa dalla Germania dove una vita di duro lavoro – era tranquillissima, per bene e rispettata nel paese. Gli stessi compaesani che da anni vedono circolare masse di immigrati che hanno sconvolto la vita della comunità ma “non era mai successa una cosa del genere”. Finora.
Nella casa delle due povere vittime sono anche arrivati investigatori della squadra mobile della Questura di Catania e del commissariato della Polizia di Stato di Caltagirone per le indagini del caso. L’inchiesta per il duplice omicidio è coordinata dal procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera.
Il clandestino ivoriano, che avrebbe appena 18 anni e si chiama Mamadou Kamara è stato fermato, inizialmente con l’accusa di ricettazione, ma in seguito al ritrovamento di tracce di sangue sui suoi pantaloni l’accusa – secondo le ultime notizie – si sarebbe trasformata in quella ben più grave di duplice omicidio a scopo di rapina.
Ad aggravare la posizione del giovanissimo, arrivato a Catania con uno sbarco avvenuto l’8 giugno scorso, quando aveva chiesto di essere dichiarato profugo e per questo era ospite del Cara di Mineo, il fatto che avesse indossato i vestiti di Vincenzo Solano, dopo averlo ucciso, visto che i suoi erano macchiati di sangue. Il riconoscimento degli indumenti è stato fatto dalle figlie delle vittime.
Considerato il legame di questa tragedia con il Cara di Mineo, varrà la pena almeno ricordare come questo mega-centro di accoglienza, che ospita attualmente alcune migliaia di immigrati illegali, commissariato il giugno scorso dalla Prefettura di Catania, sia stato uno snodo chiave del business di Mafia capitale, come documentato a suo tempo su questo giornale, anche in virtù dell’incredibile valore di 100 milioni di euro dell’appalto per la gestione, vinto oltre un anno prima da una cordata bipartisan che andava dalla Sisifo, iscritta e Legacoop e coinvolta nello scandalo delle docce antiscabbia di Lampedusa, e arrivava a La Cascina, vicina a Comunione e Liberazione: un affare catto-comunista da manuale, sulla pelle degli immigrati e soprattutto – oggi proprio letteralmente – degli Italiani.
Una vergogna che poi si è “arricchita” anche di un ulteriore filone di indagine sulla malversazione nelle assunzioni effettuate su base clientelare, tutto quanto all’ombra dei rossi di Salvatore Buzzi e Luca Odevaine, e dei bianchi rappresentati da Giuseppe Castiglione, ex presidente della provincia di Catania e quindi sottosegretario all’Agricoltura, nonché braccio destro del ministro degli interni Angelino Alfano che, in quella zona, gode di un importante bacino elettorale.
Un mostro, il Cara di Mineo, in grado di mandare in pezzi la vita di intere comunità. Il sindaco di Palagonia, Valerio Marletta, ha annunciato “il lutto cittadino a partire da domani [oggi, ndr]“, aggiungendo che “Palagonia è un paese sconvolto da una tragedia di grande rilievo. Da noi ci sono stati episodio di microcriminalità – sottolinea il primo cittadino – ma non ci sono stati segnali che facessero pensare che si potesse arrivare a tanto“. Palagonia, è “sempre stata contraria all’apertura del Cara di Mineo, e proprio per questo il Comune ha ritenuto di non partecipare alla sua gestione“. “Un Centro di accoglienza – sottolinea il sindaco Marletta – con 3-4mila persone è un luogo di disgregazione, che resta estraneo al tessuto sociale, con integrazione zero“.
Ma il danno, terribile, è fatto, e nessuna polemica restituirà Vincenzo e Mercedes alla loro comunità e all’affetto dei propri cari.
Francesco Meneguzzo
Palagonia (CT), 31 ago – Era la notte tra il 29 e il 30 agosto al Cara di Mineo, il Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo sulle pendici dei monti Iblei, in provincia di Catania, quando nel corso dei normali serrati controlli delle forze dell’ordine, i carabinieri scoprono nel borsone di un immigrato clandestino proveniente dalla Costa d’Avorio un computer, una telecamera e un telefono cellulare di cui lo straniero non riusciva a spiegare la provenienza.
È stato sufficiente un controllo sull’identità del vero proprietario del telefonino per far scattare i controlli: una pattuglia di carabinieri si è recata a Palagonia, 12 km dal Cara, facendo la macabra scoperta. Prima lei, una donna settantenne di origine spagnola, Mercedes Ibanez, che giaceva senza vita nel cortile per essere stata scaraventata giù dal balcone, quindi lui, l’Italiano Vincenzo Solano, 68 anni, morto sgozzato all’interno dell’abitazione.
Secondo i vicini, attoniti e disperati, la coppia – rientrata 10 anni fa dalla Germania dove una vita di duro lavoro – era tranquillissima, per bene e rispettata nel paese. Gli stessi compaesani che da anni vedono circolare masse di immigrati che hanno sconvolto la vita della comunità ma “non era mai successa una cosa del genere”. Finora.
Nella casa delle due povere vittime sono anche arrivati investigatori della squadra mobile della Questura di Catania e del commissariato della Polizia di Stato di Caltagirone per le indagini del caso. L’inchiesta per il duplice omicidio è coordinata dal procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera.
Il clandestino ivoriano, che avrebbe appena 18 anni e si chiama Mamadou Kamara è stato fermato, inizialmente con l’accusa di ricettazione, ma in seguito al ritrovamento di tracce di sangue sui suoi pantaloni l’accusa – secondo le ultime notizie – si sarebbe trasformata in quella ben più grave di duplice omicidio a scopo di rapina.
Ad aggravare la posizione del giovanissimo, arrivato a Catania con uno sbarco avvenuto l’8 giugno scorso, quando aveva chiesto di essere dichiarato profugo e per questo era ospite del Cara di Mineo, il fatto che avesse indossato i vestiti di Vincenzo Solano, dopo averlo ucciso, visto che i suoi erano macchiati di sangue. Il riconoscimento degli indumenti è stato fatto dalle figlie delle vittime.
Considerato il legame di questa tragedia con il Cara di Mineo, varrà la pena almeno ricordare come questo mega-centro di accoglienza, che ospita attualmente alcune migliaia di immigrati illegali, commissariato il giugno scorso dalla Prefettura di Catania, sia stato uno snodo chiave del business di Mafia capitale, come documentato a suo tempo su questo giornale, anche in virtù dell’incredibile valore di 100 milioni di euro dell’appalto per la gestione, vinto oltre un anno prima da una cordata bipartisan che andava dalla Sisifo, iscritta e Legacoop e coinvolta nello scandalo delle docce antiscabbia di Lampedusa, e arrivava a La Cascina, vicina a Comunione e Liberazione: un affare catto-comunista da manuale, sulla pelle degli immigrati e soprattutto – oggi proprio letteralmente – degli Italiani.
Una vergogna che poi si è “arricchita” anche di un ulteriore filone di indagine sulla malversazione nelle assunzioni effettuate su base clientelare, tutto quanto all’ombra dei rossi di Salvatore Buzzi e Luca Odevaine, e dei bianchi rappresentati da Giuseppe Castiglione, ex presidente della provincia di Catania e quindi sottosegretario all’Agricoltura, nonché braccio destro del ministro degli interni Angelino Alfano che, in quella zona, gode di un importante bacino elettorale.
Un mostro, il Cara di Mineo, in grado di mandare in pezzi la vita di intere comunità. Il sindaco di Palagonia, Valerio Marletta, ha annunciato “il lutto cittadino a partire da domani [oggi, ndr]“, aggiungendo che “Palagonia è un paese sconvolto da una tragedia di grande rilievo. Da noi ci sono stati episodio di microcriminalità – sottolinea il primo cittadino – ma non ci sono stati segnali che facessero pensare che si potesse arrivare a tanto“. Palagonia, è “sempre stata contraria all’apertura del Cara di Mineo, e proprio per questo il Comune ha ritenuto di non partecipare alla sua gestione“. “Un Centro di accoglienza – sottolinea il sindaco Marletta – con 3-4mila persone è un luogo di disgregazione, che resta estraneo al tessuto sociale, con integrazione zero“.
Ma il danno, terribile, è fatto, e nessuna polemica restituirà Vincenzo e Mercedes alla loro comunità e all’affetto dei propri cari.
Francesco Meneguzzo