
È la prima volta che in Italia viene condannato un foreign fighter partito per lo Stato islamico. La decisione della Corte d’Assise di Milano conferma la richiesta di pena formulata dai pm Maurizio Romanelli e Paola Pirotta che per lei avevano auspicato il massimo della pena possibile, come pure per i cinque coimputati, tra i quali c’è anche il marito albanese di Fatima, Aldo Kobuzi. Per lui la corte ha addirittura superato la richiesta di pena formulata dalla Procura, infliggendogli una condanna a dieci anni di carcere, contro i nove ritenuti congrui dai pm. Il padre della ragazza, Sergio Sergio, unico imputato non latitante, è stato condannato a 4 anni di reclusione.
Ora, che è andata a fare la famiglia Sergio quasi al completo, in Siria? A combattere Assad. Il “macellaio”, il “dittatore” Assad, sulle cui malefatte i media ci istruiscono quotidianamente. Ci piace immaginarli ad Aleppo est, la parte della città che fino a qualche giorno fa era “assediata” dall’esercito governativo e commuoveva il mondo. Ecco, che senso ha condannare i foreign fighters e allo stesso tempo indignarsi per la loro sorte in Siria? Si tratta di una schizofrenia assoluta. Ma se Assad è un macellaio e se in Siria c’è stata una primavera soffocata nel sangue da quest’ultimo, si abbia allora la coerenza di premiare, anziché condannare Fatima. Oppure la si smetta con le favole sulla Siria, che forse è pure meglio.
Adriano Scianca