Berlino, 25 nov – Sono trascorsi quasi due anni dall’attentato del 19 dicembre 2016, quando l’islamista Anis Amri lanciò un camion in corsa contro un mercatino sulla Breitscheidplatz di Berlino, lasciando sul selciato 12 morti e 56 feriti. Amri era un tunisino la cui richiesta di asilo era stata rifiutata e quattro giorni dopo l’attacco, rivendicato dall’Isis, venne ucciso nel corso una sparatoria con la polizia in Italia, nei pressi di Milano.
Quella dei mercatini dell’Avvento è una tradizione diffusa in molte città europee, ma in Germania è sempre stata una tradizione particolarmente radicata: una girandola di illuminazioni, pacchetti colorati, profumi e sapori in un’atmosfera particolarissima, tanto da generare attorno a sé anche un vero indotto turistico. Ma oggi, proprio in ragione di quell’attentato, è difficile incontrare lo stesso gioioso panorama che fino a pochi anni fa si parava innanzi agli occhi dei visitatori dei mercatini tedeschi.

Eppure lo slogan dei progressisti è da anni: “Non cambieranno il nostro modo di vivere”. Ѐ sempre stata questa la parola d’ordine di chi oppone gessetti colorati, barchette di carta e magliette solidali, con la preghiera di “più amore e più integrazione”, al terrorismo che nel corso degli ultimi anni ha insanguinato l’Europa da Nizza a Bruxelles, da Parigi a Manchester, da Barcellona a Londra fino, appunto, a Berlino. A conti fatti, oggi, il nostro modo di vivere è stato modificato da questi eventi in maniera sufficientemente radicale da fare accettare ai cittadini di Berlino una piazza di luci e transenne, di carte regalo e metal detector, di abeti addobbati e piani di fuga, come se fosse normale.
Alice Battaglia
L’impossibile normalità. Dopo la strage, Berlino “fortifica” il mercato di Natale
173