
Russia e Ucraina: oggi. I destini dei due paesi continuano a essere profondamente legati. Secondo il censimento del 2001, la minoranza russa in Ucraina costituisce oggi il 17,2% della popolazione del paese. Inoltre in Ucraina il russo rappresenta la madrelingua per più di 14.273.000 cittadini ucraini (29,3% della popolazione totale). Sembra tuttavia che il russo venga usato molto più spesso rispetto al censimento ufficiale, fino a essere parlato a casa da circa il 43–46% della popolazione. In ogni caso, nelle due lingue il 70% circa delle parole sono simili. In generale, l’Ucraina sembra divisa in due macroregioni, orientale ed occidentale, che hanno il fiume Dnepr come frontiera approssimativa. L’est è russofono, industrializzato, tendenzialmente di sinistra, l’ovest è ucrainofono e agricolo, tendenzialmente di centrodestra. A est il ricordo dell’esperienza sovietica è ben presente anche nella toponomastica, laddove invece a ovest la toponomastica sovietica è stata sostituita da una toponomastica 
Perché Kiev ha voltato le spalle all’Ue. Il sogno ucraino è quello di raggiungere l’indipendenza energetica da Mosca entro il 2020. Attualmente, le importazioni di gas russo ammontano a circa 40 miliardi di metri cubi all’anno. Kiev spera di scendere a 5 miliardi di metri cubi entro il 2030. Ma non sarà facile. Il debito che lega Kiev a Mosca, o meglio alla grande azienda statale russa Gazprom, ammonta a circa 1,3 miliardi di dollari. Sino al 2019, inoltre, sono validi i contratti stretti nel 2009, che la Russia non ha intenzione di rinegoziare, a meno che l’Ucraina non entri nell’Unione doganale. È per questo che al vertice di Vilnius del 29 novembre scorso, il presidente ucraino Viktor Yanukovych si è rifiutato di siglare l’accordo di associazione con l’Unione europea sospendendo la firma, prevista dopo un anno e mezzo di trattative, soltanto all’ultimo momento. Di fatto, Putin ha fatto un’offerta che non si può rifiutare: ha messo sul piatto 15 miliardi di dollari e lo sconto sul prezzo del gas. Inoltre, la Russia comprerà lentamente titoli di stato ucraino (nel primo periodo sono previsti acquisti per 3 miliardi).
L’importanza geopolitica dell’Ucraina. Il piano geopolitico di Putin è chiaro da sempre: recuperare all’influenza di Mosca lo spazio ex sovietico. L’Unione doganale eurasiatica va esattamente in questo senso. Senza l’Ucraina, tuttavia, questa ambizione resta incompiuta. Di più: poiché la geopolitica non ammette vuoti, c’è la diffusa percezione che avere Kiev fuori dall’orbita russa significherebbe avere l’America sull’uscio di casa. Ha scritto su gazeta.ru il politologo Georgy Bovt: “Al Cremlino si è diffusa la percezione che una volta raggiunta l’integrazione europea la Nato sia dietro l’angolo − nel senso di carrarmati e missili stazionati nei pressi di Belgorod e Kursk, e di unità di difesa missilistica globale. Nemmeno la donna delle pulizie del Cremlino crede alle rassicurazioni di chi afferma che ‘non siano diretti’ contro la Russia. La ‘perdita’ dell’Ucraina è vista dalla classe dirigente come una minaccia all’esistenza stessa della Russia. Non è un’esagerazione. È considerata una minaccia alla quale occorre opporsi con qualsiasi mezzo. E alla quale in casi estremi, in mancanza di altre soluzioni, si deve rispondere con le armi”. E se questo lo sa Putin, lo sanno anche gli americani. È nota la sentenza del politologo trilateralista Zbigniew Brzezinski: “Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero”. Nel suo La grande scacchiera, lo studioso scriveva: “L’indipendenza dell’Ucraina ha privato la Russia della sua posizione dominante sul Mar Nero, dove Odessa costituiva un avamposto strategico per gli scambi con il Mediterraneo e il più vasto mondo. La perdita dell’Ucraina ha avuto anche enormi conseguenze geopolitiche, poiché ha drasticamente limitato le opzioni geostrategiche della Russia. Anche senza i Paesi Baltici e la Polonia, una Russia che avesse conservato il controllo sull’Ucraina poteva ancora cercare di fungere da guida di un impero eurasiatico risoluto, dove Mosca avrebbe dominato i non slavi del Sud e nel Sud-Est dell’Ex Unione Sovietica”.
Perché le proteste? Indipendentemente dalla funzione oggettiva delle manifestazioni all’interno del quadro politico globale, è assolutamente certo che nella percezione soggettiva dei manifestanti l’Ue o gli Usa non c’entrano nulla con le proteste. Le piazze non si sono riempite dopo la mancata firma dell’accordo con l’Ue, le proteste erano cominciate in sordina già prima. Le bandiere europee ci sono state solo i primi giorni e più che altro per ottenere attenzione dall’occidente. In realtà, la protesta è fondamentalmente anti-Yanukovych. Il presidente ucraino ha portato alle stelle il livello di corruzione nel Paese, contornandosi di nuovi oligarchi e arricchendosi personalmente in modo smodato, in netta controtendenza con il resto della popolazione. A ciò si aggiunga anche il mai sopito sentimento anti-russo di parte della popolazione dell’Ucraina occidentale.
Chi sono i nazionalisti in piazza? L’opposizione istituzionale, guidata da personaggi incapaci quando non da brutte copie in salsa atlantista dello stesso Yanukovych (è il caso della Timoshenko, per esempio) è stata ben presto scalzata dalla protesta di piazza nazionalista. L’informazione occidentale si è molto soffermata sul ruolo di Svoboda, il partito fondato nell’ottobre 1991 con il nome di Partito Social-Nazionalista d’Ucraina (il nome attuale significa invece “Libertà”). Dopo alcuni risultati 
Chi ha ragione? Soggettivamente è facile solidarizzare con la protesta nazionalista: le ragioni storiche e politiche dei manifestanti sono più che valide. In piazza ci sono tanti patrioti onesti, a reprimerli c’è un governo corrotto e mafioso. La politica, tuttavia, si basa sulla distinzione fra l’empatia soggettiva e ciò che invece è oggettivo, ovvero ciò che riguarda la realtà nella sua globalità. Ora, su questo livello dell’analisi, la funzione della protesta appare chiara. L’anelito a una sovranità nazionale piena, non appaltata a potenze esterne – siano esse la Russia o 

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