
Durante una di queste dimostrazioni era stato ucciso il quindicenne Berkin Elvan, colpito -secondo la ricostruzione ufficiale- da una capsula di gas lacrimogeno sparata dalla polizia e morto nel marzo 2014 dopo un anno di coma. Il procuratore Kiraz si occupava proprio delle indagini sulla vicenda. I militanti del Dhk-C chiedevano, per rilasciare il prigioniero, una “confessione pubblica” da parte del poliziotto che avrebbe materialmente lanciato il lacrimogeno. Altre richieste riguardavano l’istituzione di un “tribunale del popolo” per far luce sui fatti e l’assoluzione di tutte le persone che sono sotto processo per aver organizzato manifestazioni di protesta a seguito della morte del ragazzo.
Il sequestro è durato oltre sei ore, durante le quali è stata portata avanti una serrata trattativa. Non portando i negoziati ad alcun esito positivo, le forze di sicurezza turche hanno condotto un’irruzione nell’ufficio del procuratore. Nel blitz sono morti i due sequestratori, mentre Kiraz è stato gravemente ferito. Ricoverato in ospedale, non ha tuttavia superato l’intervento d’urgenza al quale è stato sottoposto.
Sui fatti è subito calato il silenzio. Il governo ha infatti applicato la censura consentita dalla leggere “per motivi di sicurezza nazionale”. Sono ancora molti i lati non chiari della vicenda, a partire dal blackout che ha colpito Istanbul e varie regioni della Turchia proprio in quelle ore e che avrebbe agevolato il lavoro dei rapitori. Il problema tecnico alla rete elettrica non sarebbe comunque, almeno per il momento, da imputare a quanto successo al palazzo di giustizia.
Filippo Burla