
La giuria internazionale, presieduta da Louis Miñarro e composta da Lou Castel (attore), Licia Eminenti (sceneggiatrice e regista), Stefan Kitanov (direttrice di Festival, produttore e distributore) e Jasmila Žbanić (regista) ha assegnato i premi speciali all’attore francese Gregory Gadebois per “One of a kind” e alla turca Defne Halman, protagonista di “Lifelong”. Miglior sceneggiatura assegnata a “Macondo” di Sudabeh Mortezai (Austria), miglior fotografia per “Winter journey” (Russia) e, infine, il premio speciale di 5mila euro vinto dalla regista greca Penny Panayotopoulou con il suo “September”.
I dieci film in concorso, insieme ai due proiettati in anteprima in apertura (For those who can tell no tales) e chiusura (Alabama Monroe) del festival, hanno rappresentato delle finestre aperte su vari paesi europei, offrendo la visione cupa di una società depressa, rassegnata all’idea di poter inseguire un’esistenza felice. Dalla Grecia alla Turchia, dalla Russia alla Georgia, risalendo per Bosnia, Austria, Slovacchia, fino alla penisola scandinava e poi ancora al Belgio e al Portogallo, un velo di inquietudine e angoscia sembra coprire il nostro continente, vinto da una crisi di valori ancor prima che dal tracollo economico. Genitori assenti o, al contrario, opprimenti, ragazze incinte che vivono la gravidanza come una punizione, tradimenti, droga, prostituzione, immigrazione forzata; ognuno sembra vivere nella solitudine i propri giorni, che abiti nel miglior quartiere di Istanbul o nella periferia di Tbilisi, che cerchi rifugio sulle rive del Mar Nero o in una gita a Oslo. Nell’insieme il festival ha offerto uno spaccato dell’Europa attuale che spiega meglio di qualsiasi analisi sociologica quanto sia sbagliato il cammino intrapreso dall’Ue, imbrigliata nel nodo di Gordio di trattati e vincoli economici e totalmente disattenta alle esigenze dei popoli, che ne costituiscono la linfa vitale ma che lentamente si stanno lasciando morire.
Francesco Pezzuto