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“Europe a Nation”: l’eurofascismo di Oswald Mosley

by Patrizio Podestà
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Mosley Europa

Roma, 18 ago – Europe a Nation: una visione tanto avanguardista quanto osteggiata, ai tempi in cui Sir Oswald Mosley – dopo una giovinezza passata a sognare un Impero Fascista a trazione britannica – si trovò a dover vivere, da inglese e “vincitore” della Seconda Guerra Mondiale, la spartizione del vecchio continente. Un progetto, quello di Mosley, che prese le basi dalla Rivoluzione Europea auspicata prima dai pensatori risorgimentali, e poi da Mussolini: lo stesso Duce fu un ispiratore del Cancelliere del Ducato di Lancaster, negli anni ‘30. E dunque come si attualizza la visione nazional-rivoluzionaria di Mosley allo scacchiere odierno?

Mosley: dal Fascismo all’Europa

Nato nel 1896 in una famiglia aristocratica britannica, Oswald Mosley combatté nella Prima Guerra Mondiale come tenente sul fronte francese. Tornato in patria, iniziò la sua carriera politica come membro del Partito Conservatore, tra le cui fila venne eletto alla Camera dei Comuni nel 1918, diventando il più giovane deputato britannico. Un astro nascente, tant’è che l’ex leader laburista Michael Foot scrisse nella sua autobiografia che “Mosley sarebbe potuto sicuramente diventare primo ministro”. Nel 1921, disapprovando la gestione dei conservatori nei confronti della questione irlandese, passò all’opposizione e in seguito, nel 1924, entrò nel partito Laburista. Nominato Cancelliere del Ducato di Lancaster, il primo ministro laburista Ramsay MacDonald rifiutò i suoi suggerimenti in materia economica, e Sir Oswald ritornò all’opposizione nel 1930. Seguace del corporativismo e ammiratore della figura di Benito Mussolini, con cui intrattenne un rapporto epistolare culminato in una visita a Roma nel 1936, fondò la British Union of Fascists. Dopo un tentativo di prendere il potere, conclusosi nella disastrosa battaglia di Cable Street contro la polizia e i gruppi comunisti, Mosley perse l’appoggio degli uomini politici che avevano sposato la sua causa e venne messo ai margini della politica britannica. La sua parabola politica, tuttavia, non si esaurì: la Seconda Guerra Mondiale e il collasso dell’Europa come potenza globale lo spinsero a ripensare il futuro del continente in termini radicalmente nuovi. Fu in questo contesto che nacque la sua proposta pan-europea, esposta in opere come The Alternative (1947) e Europe: Faith and Plan (1958). Mosley si propose come un profeta di un’Europa unita, capace di superare i conflitti fratricidi e di affermarsi come potenza autonoma tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

Mosley e l’Europa: un destino inevitabile

Sir Oswald, figura affascinante del panorama posbellico, è stato uno dei primi a porre le basi di un movimento nazionalista pan-europeo. Paradossale che questa proposta venisse da un britannico: di un’Europa potenza, un’idea che radicata in un contesto storico in cui imperversano gli accordi di Jalta, sembrava fantascientifico parlare. Il nazionalismo europeo fu un tentativo ambizioso di superare le divisioni nazionali e costruire un polo forte, coeso e indipendente, capace di affrontare le sfide globali da agente terzo. “Risorgi europa, risorgi sul mondo”… altro che Ventotene. Mosley si dimostrò un pensatore dinamico, senza alcuna nostalgia per il passato, scegliendo una strada particolarmente invisa ai governi del suo paese, storicamente avversi all’avvicinamento europeo del Regno Unito.

I pilastri della visione pan-europea

La visione di Mosley si fondava su alcuni principi cardine, che, pur radicati nel suo trascorso ideologico, si rivelano sorprendentemente moderni. L’Europa-Nazione andava unita non solo politicamente, ma anche economicamente e culturalmente. Per Mosley, l’unità europea non era un semplice accordo burocratico, ma un progetto spirituale e identitario, basato su una comune eredità culturale e su valori condivisi. Egli vedeva l’Europa come una “nazione di nazioni”, in cui le specificità nazionali fossero rispettate, ma subordinate a un ideale superiore di cooperazione e potenza. Un secondo punto, strettamente legato al suo tempo, era l’autarchia economica. Mosley riteneva che l’Europa dovesse emanciparsi dalla dipendenza economica, in particolare dagli Stati Uniti – al tempo in attività rifondativa, con il Piano Marshall – attraverso un mercato comune autosufficiente. Proponeva un sistema economico integrato, con una moneta unica e politiche protezionistiche verso l’esterno, per garantire la prosperità del continente. Questa idea, per quanto audace, anticipava in parte il concetto di mercato unico europeo, pur con un’enfasi maggiore sull’indipendenza economica. Di certo, però, distanziandosi dalla visione capitalistica dell’alta finanza apolide oggi in atto a Francoforte. In terzo luogo, Mosley insisteva sulla necessità di un governo forte e centralizzato, capace di coordinare le politiche dei singoli stati. Veniva escluso il sistema parlamentare, inutile, e un’importanza vitale l’aveva l’esercito comune e la politica estera unitaria, estranea ai due blocchi (americano e sovietico) per difendere i propri interessi in un mondo dominato da superpotenze. Questa visione supera il nazionalismo tradizionale, che Mosley considerava obsoleto e divisivo, frutto di influenze esterne che avevano scatenato la guerra. Solo un’Europa unita poteva competere con giganti come gli Stati Uniti e l’URSS.

Il baluardo contro il declino

Mosley vedeva nell’unità europea la chiave per arrestare il declino del continente, devastato da due guerre mondiali e minacciato dalla polarizzazione della Guerra Fredda. L’Europa, con la sua ricca storia e il suo patrimonio culturale, aveva – ed ha tutt’ora – il potenziale per diventare una “terza forza” globale, indipendente sia dal capitalismo americano che dal comunismo sovietico. In questo senso, la sua visione era profondamente anti-imperialistica: l’Europa doveva liberarsi da qualsiasi forma di egemonia esterna e riaffermare la propria sovranità. Un aspetto spesso trascurato del pensiero di Mosley è la sua attenzione al progresso scientifico e tecnologico. Un’Europa unita potesse investire in ricerca e innovazione, diventando leader mondiale in settori come l’industria, l’energia e la tecnologia secondo il modello corporativo.

L’eredità del pensiero di Mosley

Oggi, in un’Europa che affronta crisi migratorie, minacce economiche e di invasione – i dazi di Trump e la guerra in Ucraina -, la visione di Mosley spiana la strada verso il futuro. Quante volte sentiamo – talvolta correttamente – parlare di un’Unione Europea “gigante di cartapesta che fatica a imporsi e butta troppe risorse ancora in cavalli di battaglia inattuabili come le politiche green o l’inclusività, o i vincoli finanziari? Le sue idee sull’indipendenza economica e sulla necessità di una leadership forte continuano a risuonare in un mondo che torna ad essere schiacciato dal blocco americano, minacciato militarmente dalla Russia e dalla potenza economica cinese. La prospettiva pan-europea di Mosley, pur radicata in un contesto storico forse legato troppo alla guerra fredda, è una visione ampia e profetica sull’unità europea. Lungi dall’essere un semplice nostalgico, Mosley fu un visionario che anticipò molte delle sfide e delle opportunità che l’Europa avrebbe affrontato nei decenni successivi. La sua fede in un’Europa potenza, unita e sovrana rappresenta la battaglia più decisiva per il pensiero nazional-rivoluzionario.

Patrizio Podestà

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