
I dati della NOAA-NCDC americana non lasciano scampo: a livello globale, considerando sia i continenti e le isole, sia gli oceani, la temperatura media degli ultimi 12 mesi ha superato quella di tutti gli anni precedenti, incluso il precedente record del 2010 e il 1998 quando imperversava un forte riscaldamento 
Sull’Italia, altri dati della NOAA-ESRL indicano una sostanziale coerenza con le tendenze globali, ma con un tasso di riscaldamento che dal 1980 si è attestato su valori più che doppi, dell’ordine di 3,4°C al secolo. Grazie alla scorsa estate piuttosto fresca e molto piovosa, come tutti ricorderanno, non è stata tuttavia nel nostro Paese un’annata record, superata dal 2012, dal 2007 e dal 1994, ma non dal 2003, quando l’estate fu rovente. In altre parole, nonostante la variabilità naturale giochi ancora un ruolo importante, il segnale del riscaldamento è decisamente più forte.
Il consenso della comunità scientifica mondiale è ormai unanime sull’attribuzione di questa tendenza sostenuta al riscaldamento del pianeta all’immissione di gas a effetto serra quale risultato principalmente delle attività umane e, tra queste, in primo luogo della generazione di energia da combustibili fossili, e secondariamente dalle pratiche agricole, come testimoniato dal recente, quinto e ultimo rapporto del IPCC – pannello internazionale sui cambiamenti climatici, un organismo ufficiale dell’Onu.

Tra le conseguenze già in corso di un tale stravolgimento degli equilibri naturali, ricorrono le frequenti e disastrose alluvioni cui il nostro territorio è particolarmente soggetto e vulnerabile: come si è già ricordato su questo giornale, è sufficiente una modesta anomalia termica del mare per scatenare precipitazioni di intensità doppia o anche tripla rispetto al normale, con le conseguenze al suolo che troppo spesso sono state sofferte e documentate anche quest’anno appena trascorso. Al contrario, siccità catastrofiche stanno diventando la normalità in varie parti del mondo, tra cui quasi un terzo degli Usa.

Nell’artico, il volume di ghiaccio marino in Settembre – al momento del minimo – è diminuito di 11mila km3 dal 1979: la banchina polare oggi racchiude, al suo minimo di metà Settembre, appena un terzo del ghiaccio che conteneva soltanto 35 anni fa. Oltre alle conseguenze sulla fauna e le popolazioni artiche, l’oceano libero dal ghiaccio si presenta ovviamente molto più scuro, assorbe molta più radiazione solare e questo a sua volta agisce per incrementare il riscaldamento, in una spirale perversa.
Le proiezioni per il futuro prossimo, fino al 2025-2030, indicano l’elevata probabilità di un rapido incremento del riscaldamento globale in conseguenza della transizione naturale periodica dell’oceano Pacifico in uno stato che favorirà il rilascio delle enormi quantità di calore immagazzinato nelle profondità oceaniche, che paradossalmente finora ha attenuato gli effetti dei gas serra. Almeno un altro grado di aumento della temperatura sarà quindi del tutto inevitabile.
Le proiezioni per i prossimi decenni e fino al termine di questo secolo dipendono sia dalla quantità dei gas a effetto serra che è già stata immessa nel sistema, sia da quella che sarà emessa in futuro. Dalla grande quantità di informazioni disponibili anche nella sola sintesi dell’ultimo rapporto del IPCC, consideriamo le seguenti.

A livello regionale, le temperature aumenteranno più sulla terraferma che sui mari, con massimi di oltre 10°C nell’artico verso la fine del secolo. Sull’Italia e l’Europa occidentale e centrale, il riscaldamento è previsto intorno a 5-6°C. Le precipitazioni diminuiranno sul Mediterraneo (tra il 20% e il 30%), lasciando spazio a siccità prolungate peggiorate dalle temperature più elevate, mentre aumenteranno nelle aree equatoriali e alle alte latitudini. Tuttavia, le precipitazioni estreme aumenteranno quasi ovunque, anche lungo le coste del Mediterraneo, con la conseguenza di una 
Infine, l’artico sarà sicuramente libero dai ghiacci, in estate, entro il 2030, presumibilmente scatenando una corsa agli idrocarburi – petrolio e metano – in un’area che improvvisamente sarà diventata più ospitale. Le conseguenze per il clima sono abbastanza semplici da immaginare.

Francesco Meneguzzo
1 commento
[…] John Abraham, professore di scienze termiche all’università di St Thomas, John Fasullo, ricercatore climatico al centro nazionale per le ricerche in atmosfera di Boulder, Colorado, e Greg Laden, paleoantropologo e comunicatore scientifico, in una importante pubblicazione puntualizzavano un’evidenza scientifica di enorme importanza, che il 93,4% del calore aggiuntivo prodotto dalle attività umane finisce per scaldare gli oceani, almeno fino a 2mila metri di profondità. Aggiungendo che con i dati fino allora disponibili non solo non risultava alcuna “pausa” del riscaldamento globale come qualcuno (sempre meno, per la verità) ha sostenuto fino alla fine dell’anno scorso, ma anzi questo stava progressivamente accelerando, solo che negli ultimi 15 anni gran parte del calore prodotto dai processi energetici necessari alle attività umane, a causa di fluttuazioni naturali, si era nascosto negli oceani, e soltanto dal 2010 aveva cominciato a riemergere alla superficie, producendo i record di caldo misurati dai termometri in quell’anno e, infine, nel 2014 stesso, come abbiamo recentemente documentato su queste colonne. […]