Roma, 19 lug – In un’epoca che tende a smantellare sempre di più le tradizioni, in Inghilterra (quasi paradossalmente, visto che è la Nazione nella quale si può finire in prigione per un tweet un po’ troppo patriottico…) alcuni luoghi dello sport restano dei baluardi immutati nel tempo. In particolar modo a Londra. Così nel calcio abbiamo Wembley, nel cricket l’Oval, nel rugby Twickenham e nel tennis l’All England Lawn Tennis and Croquet Club, meglio conosciuto come Wimbledon. Ovvero il torneo conquistato per la prima volta la scorsa domenica da un italiano, vale a dire Jannik Sinner.
Dal croquet al tennis
Come il nome dell’impianto lascia intuire, venne fondato nel 1866 come All England Croquet Club, nella zona sud ovest della City. Il croquet è quello strano sport ormai desueto che si gioca con una mazza e delle bocce e che è stato reso immortale in letteratura da Lewis Carroll nel suo Alice nel Paese delle Meraviglie. Poi arrivò il tennis ed a Wimbledon si iniziò a giocare solo a quello, ma il nome rimase nella denominazione per ragioni sentimentali, anche se vi resta ancora un campo destinato a questa pratica.
E la storia del tennis è strettamente legata a quella di Wimbledon. Questo perché le regole che praticamente sono ancora quasi tutte in vigore oggi, vennero codificate nel 1877 al Marylebone Cricket Club (ah il cricket, altra tradizione britannica che collega sia il calcio che il tennis) proprio per disputare nello stesso anno i primi Lawn Tennis Championships, conosciuti anche come The Championships o, familiarmente, Wimbledon.
Breve storia di Wimbledon
Circa duecento spettatori pagarono uno scellino per assistere alla finale, vinta dal tennista locale Spencer William Gore. Da allora il torneo iniziò ad essere seguito sempre con più interesse (nel 1884 si aprì anche alle donne). Fino a che, nel 1907, fu conquistato per la prima volta da un non britannico, l’australiano Norman Brookes. Così nel 1922 il torneo si spostò dai fatiscenti e piccoli impianti di Worple Road a quelli di Church Road, dove rimane ancora oggi.
Nel 1934 un tennista britannico ritornò al successo (non accadeva dal 1909) e quel britannico divenne un’icona ed una leggenda non solo del tennis, ma anche della moda e delle sottoculture. Stiamo infatti parlando di Fred Perry, la cui statua troneggia all’ingresso del club. Nel dopoguerra il tennis subì una frattura tra dilettanti e professionisti, quindi il torneo perse i suoi esponenti di spicco e l’interesse scemò. Almeno fino al 1968, quando venne finalmente abolita la distinzione tra i due circuiti ed i professionisti poterono finalmente calcare i campi verdi. Gli anni ’70 poi videro le epiche sfide sportive, caratteriali e di moda tra Borg e McEnroe (Fila contro Sergio Tacchini). E negli anni ’80 da bambino iniziai a seguirlo, diventando immediatamente un grande tifoso di Boris Becker, sconosciuto ragazzino tedesco che sorprende tutti nel 1985.
Oltre lo sport, oltre il costume
Il resto è storia più o meno recente che potete approfondire facilmente un po’ ovunque. Ma il vero fascino di Wimbledon non può essere limitato all’evento sportivo in sé. È un qualcosa che va oltre lo sport, oltre il costume, oltre l’aspetto sociale. Risiede più dalle parti del mito, di storie che potevano essere raccontate da Omero. Partiamo dai colori ufficiali del torneo, quel verde e quel viola che si abbinano in maniera così perfetta. Le tenniste vengono appellate come “Miss” o “Mrs”, mentre la loro controparte maschile solamente con il cognome.
Fino al 2022 non si giocava la domenica di mezzo del torneo, poi si è ceduto per ragioni commerciali. E poi il bianco, il colore dominante del torneo. I giocatori devono indossarlo sempre, salvo qualche minimo riferimento colorato allo sponsor (fece scalpore Andre Agassi quando si presentò in maniera piuttosto variopinta per i canoni estetici del luogo). Non solo, il bianco è preferibile pure tra i giornalisti e gli spettatori. Inoltre, per accedere al Royal Box riservato ai vip, è richiesta particolare eleganza. Non si fa eccezione per nessuno: venne respinto persino il pilota di Formula 1 Lewis Hamilton.
E poi la pioggia che incombe sempre su chi ha acquistato i biglietti e che per anni ha funestato il torneo, prima che ci si decidesse a porre la copertura al Campo Centrale ed al Campo Numero 1. E vogliamo parlare del Pimm’s? Un digestivo a base di gin ed erbe aromatiche che qui è bevanda prediletta, magari da abbinare con le famose fragole con la panna, tradizione che nasce da una visita di Re Enrico VIII al suo Lord Cancelliere, a sei miglia da Wimbledon.
Wimbledon: l’iconico ballo
E infine la cena dei campioni al termine del torneo, con l’iconico ballo tra il vincitore e la vincitrice. Tradizionalmente poi è un membro della Corona a consegnare il trofeo, ma è cosa nota che la Regina Elisabetta non gradisse il tennis, preferendo i cavalli, quindi lasciava sempre il compito ad altri membri della famiglia. Insomma, se capitate a Londra in un qualsiasi periodo dell’anno, fate una capatina a Wimbledon ed al suo museo, anche se non siete esperti o appassionati di tennis. Farete un viaggio nella storia che vale quanto una visita a Buckingham Palace.
Roberto Johnny Bresso