
L’offerta di Lavazza ora seguirà l’iter previsto: scambio di informazioni, consultazioni con gli organismi di rappresentanza dei lavoratori, approvazione da parte della Commissione Europea e dell’autorità antitrust francese. Se tutto andrà liscio, l’acquisizione avverrà nella primavera del 2016. I passaggi dovrebbero essere indolori, nonostante il mal di pancia francese. Il governo transalpino, a prescindere dall’Unione europea, non ha infatti abdicato al suo ruolo di protezione nei confronti delle aziende francesi. Negli anni micidiali del fiscal compact, la Francia ha promosso l’industrial compact, cioè il rilancio dell’economia basato sulla produzione al posto del taglio della spesa per mezzo di un’austerità fanatica. In quest’ottica, mentre paesi come l’Italia svendevano comparti strategici, il governo francese ha pubblicato una legge come quella del ‘patriottismo economico’, cioè un decreto che estende i poteri d’intervento governativi in caso di offerta straniera per l’acquisto di un’azienda francese, prevedendo l’approvazione preliminare del Ministero dell’economia.
Il settore in cui si muove Lavazza non è uno di quelli coperti dalla legge (trasporti, energia, sanità, risorse idriche e telecomunicazioni), ma è evidente che l’alimentare è un comparto trainante per la Francia, che vorrebbe evitare di cedere il proprio mercato del caffè all’Italia, sua diretta concorrente. Anche in questa chiave si possono leggere i recenti attacchi alla Nutella della Ferrero, criticata frontalmente dal ministro francese all’ecologia Ségolène Royal. Davanti a un governo italiano che non gode di rispetto internazionale e che non è in grado di proteggerlo, il ‘made in Italy’ ancora una volta fa da solo, e diventa il miglior ambasciatore del nostro paese. E ci ricorda che non siamo destinati a diventare una mera destinazione turistica.
Ettore Maltempo
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