Roma, 25 lug – Cosa succede a Roma? Succede che Ignazio Marino, nonostante la sua (presunta) specchiata moralità, sta giocando al più classico dei classici: lo scaricabarile.
Atac è in crisi. E lo sappiamo. Ma non da oggi: è almeno dal 2003 che l’azienda dei trasporti su gomma e ferro della capitale non chiude un bilancio in utile. Non l’ha fatto nelle giunte Veltroni, men che meno con quella Alemanno. Doveva pensarci Marino? La nomina del nuovo consiglio di amministrazione, con a capo Danilo Broggi, puntava proprio a questo. E’ finita a tarallucci e vino, con il comune di Roma chiamato all’ennesima ricapitalizzazione dopo il miliardo già generosamente versato nel buco nero della municipalizzata.
E qui insorge una delle questioni aperte. E’ giusto che un comune (insieme a regione e a quel che resta delle provincie) contribuisca con la fiscalità generale al sostentamento della mobilità locale, essendo un servizio di pubblica utilità. Attenzione però: contribuisca, non che appiani le perdite senza batter ciglio. Vero è che il piano industriale della nuova dirigenza Atac punta al pareggio di bilancio entro il 2016, ma se le premesse sono le attuali c’è poco da credere alle previsioni fatte. Si pensi ad esempio al parco macchine: il 70% è ormai obsoleto, necessitando di almeno 50 milioni l’anno per tre anni per un ammodernamento accettabile. Mezzi vetusti non significa solo servizio più scadente, ma anche meno corse e quindi meno introiti, un circolo vizioso che ancora non si è riuscito ad interrompere.
Ma ecco le tre intuizioni geniali di Marino, un sindaco all’angolo. Anzitutto l’azzeramento del Cda, da lui stesso nominato. Poi la richiesta all’assessore ai trasporti Improta di accelerare sulle già annunciate dimissioni, nonostante sia stato lo stesso Marino, all’epoca, a spingere perché l’assessore non uscisse dalla giunta per evitare pericolose crisi in Campidoglio. In terza e ultima battuta, il coup de théâtre dei più geniali: l’apertura del capitale di Atac ai privati. Attenzione però, non la privatizzazione. Atac dovrebbe, nelle intenzioni del sindaco, rimanere in maggioranza pubblica, con un generico “partner industriale” privato disposto ad acquisire una quota di minoranza e rinunciando alla maggior parte dei poteri di gestione. Con gli attuali conti prossimi al baratro, questo partner industriale privato può essere o un folle o uno disposto a donare centinaia di milioni in beneficenza. Si era parlato di Ferrovie dello Stato come possibile interlocutore, ma le trattative non sono mai andate nemmeno in fase preliminare.
Da una parte gli scioperi, i guasti, la mancanza di investimenti, una società in perdita da più di dieci anni. Dall’altra le pressioni sotto traccia del governo, il rimpasto di giunta, mafia capitale e le dimissioni a raffica. Marino è sulla graticola, ma intanto a rimetterci in questa caldissima estate romana sono i cittadini della capitale.
Filippo Burla
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