Roma, 14 lug – La Germania è pronta a compiere un passo senza precedenti dai tempi della Guerra Fredda. Dopo anni di disimpegno militare, Berlino punta ora a diventare la prima potenza militare convenzionale del continente. Il nuovo corso è chiaro: più soldati, più mezzi, più spese per la Difesa. E, se necessario, il ritorno alla leva obbligatoria.
La Germania verso un nuovo modello di esercito
Il ministro della Difesa Boris Pistorius ha presentato un progetto che prevede l’introduzione di un sistema misto: volontari pagati bene e, in caso di necessità, l’attivazione della leva obbligatoria. Il meccanismo scatterà se la Bundeswehr non riuscirà a reclutare abbastanza personale su base volontaria. Un questionario verrà inviato a tutti i giovani, con obbligo di compilazione per gli uomini e facoltativo per le donne. Il servizio di base dovrebbe durare almeno sei mesi con uno stipendio di oltre 2.000 euro al mese. Il governo vuole raggiungere entro il 2029 la soglia di 30.000 volontari all’anno, per arrivare a un esercito attivo di 260.000 effettivi più 200.000 riservisti. Si tratterebbe di un ritorno a un esercito di massa, con numeri che ricordano la Bundeswehr degli anni Ottanta. I primi ragazzi coinvolti saranno i nati dal 2008. Dopo la visita medica, l’idoneità resterà valida fino ai 25 anni. Il servizio di base dovrebbe durare almeno sei mesi.
La sfida demografica della Bundeswehr
Dietro il riarmo tedesco si nasconde una difficoltà strutturale: la carenza di giovani reclutabili. Come sottolineato da Bloomberg, la Germania sta tentando di rafforzare la Bundeswehr in un contesto di crisi demografica e carenza di manodopera. L’economia tedesca già fatica a trovare lavoratori qualificati per l’industria civile; ora il reclutamento militare rischia di entrare in competizione con quello industriale, aggravando il problema. Si tratta di un ostacolo concreto alla strategia di riarmo: aumentare il numero di soldati quando la popolazione giovane diminuisce non sarà semplice. Per questo Berlino punta a rendere il servizio volontario più appetibile dal punto di vista economico e sociale, ma non è detto che basti. L’eventuale ritorno alla leva obbligatoria, già previsto dal piano Pistorius come “ultima risorsa”, potrebbe diventare prima o poi un passaggio necessario. Anche per questo Berlino sta valutando l’arruolamento di stranieri, offrendo in cambio una corsia preferenziale per la cittadinanza. Il ministro della Difesa Boris Pistorius aveva già avanzato questa ipotesi nel 2024, e ora la proposta torna d’attualità. Si parla di reclutare cittadini dell’Unione Europea, membri della NATO e perfino immigrati di seconda e terza generazione senza passaporto tedesco.
Non solo uomini: maxi spesa per l’ammodernamento
Secondo quanto riportato sempre da Bloomberg, la Germania starebbe trattando l’acquisto di circa 2.500 veicoli corazzati GTK Boxer e fino a 1.000 carri armati Leopard 2, destinati a rafforzare le brigate NATO. Il progetto rientra nell’impegno preso al vertice Nato de L’Aia: sette brigate da combattimento tedesche pienamente operative entro il prossimo decennio. L’investimento totale potrebbe raggiungere i 25 miliardi di euro, anche se la cifra definitiva dipenderà dalle trattative in corso. Nel pacchetto rientra anche l’acquisto di oltre 1.000 veicoli Patria, che andranno a sostituire gli obsoleti Fuchs ancora in dotazione. Questi mezzi sono parte del programma per portare la spesa militare tedesca al 5% del PIL, un obiettivo senza precedenti nella storia recente della Repubblica Federale. L’annuncio ha già avuto effetti sui mercati: le azioni della Rheinmetall, principale fornitore di armamenti tedesco, sono cresciute del 3,7% subito dopo la notizia.
Merz: “La Germania deve guidare l’Europa”
Il nuovo cancelliere Friedrich Merz non ha usato mezzi termini nel suo primo discorso al Bundestag: “Rafforzare la Bundeswehr è la nostra massima priorità”. Secondo Merz, “il Paese più potente e popoloso d’Europa ha il dovere di assumersi maggiori responsabilità militari”. Una dichiarazione che rompe con il tradizionale approccio prudente della politica estera tedesca postbellica. Merz ha anche lanciato un messaggio chiaro agli alleati occidentali: “Anche i nostri amici e partner si aspettano da noi un ruolo militare più forte. Anzi, lo pretendono”. Sullo sfondo, le tensioni con la Russia e la guerra in Ucraina, ma anche un rapporto sempre più complicato con gli Stati Uniti di Donald Trump, considerato da Berlino un alleato inaffidabile. Parallelamente, Merz ha promesso un rilancio dell’economia tedesca, con tagli alla burocrazia, riduzioni fiscali per le imprese e un massiccio piano di investimenti infrastrutturali finanziato tramite un fondo speciale di 500 miliardi di euro, fuori dal freno costituzionale al debito.
Mar Rosso, Berlino-Pechino ai ferri corti
Nel frattempo, la Germania si trova già coinvolta in un episodio che segnala il cambiamento della sua postura militare internazionale. L’8 luglio scorso, un aereo da ricognizione tedesco sarebbe stato colpito da un laser militare proveniente da un’unità navale cinese nel Mar Rosso, durante una missione di pattugliamento. Berlino ha reagito convocando l’ambasciatore cinese: un gesto raro nella diplomazia tedesca, che segnala la gravità con cui l’incidente è stato interpretato. Secondo le autorità tedesche, l’utilizzo di un laser per abbagliare i piloti costituisce un atto ostile potenzialmente in grado di provocare danni permanenti alla vista o incidenti in volo. La Cina ha smentito ufficialmente ogni coinvolgimento, ma la risposta di Pechino è rimasta volutamente ambigua, lasciando intendere margini di manovra per eventuali “rettifiche” future, come spesso accade nella prassi diplomatica cinese.
Riprendere una posizione operativa
L’episodio rappresenta un segnale importante: indica che anche la Germania sta iniziando a confrontarsi direttamente con le dinamiche del confronto globale, ben oltre i confini europei. Per Berlino, il Mar Rosso è una rotta strategica fondamentale, sia per il traffico commerciale sia per la presenza navale della Bundeswehr nelle missioni internazionali. Il fatto che una potenza asiatica abbia colpito, seppur con modalità non letali, un mezzo militare tedesco in quel quadrante geografico mostra come la proiezione globale della Germania sia già operativa e non esente da rischi. Questo episodio conferma quanto il riarmo tedesco non sia solo legato al confronto con la Russia, ma si inserisca in un quadro più ampio di competizione tra potenze, dove anche la Germania – per volontà politica e per pressione degli eventi – sta uscendo dalla sua tradizionale postura inoffensiva per assumere un ruolo militare sempre più esplicito sulla scena internazionale.
Una nuova Germania militare: fine dell’era pacifista?
Dopo decenni di retorica pacifista e smilitarizzazione, la Germania cambia pelle. Si sta preparando un esercito da 460.000 uomini, dotato dei mezzi più moderni e con una spesa militare che punta a superare di gran lunga il 2% previsto dagli accordi Nato. L’Europa si trova così davanti a una nuova realtà: Berlino non vuole più limitarsi al ruolo di potenza economica, ma punta a diventare il principale attore militare del continente. Una mossa che, inevitabilmente, riapre “antichi timori” e cambia radicalmente gli equilibri geopolitici europei. Di fronte al massiccio riarmo tedesco, in Italia si stanno già alzando voci critiche che, con toni ora sarcastici ora vittimistici, lamentano il rischio di finire nuovamente subordinati alle decisioni strategiche altrui. Si tratta però di un riflesso sterile, che non tiene conto della realtà geopolitica attuale. In effetti i veri interrogativi restano sulla sostenibilità “europea” del progetto. Come sottolinea The Conversation, non è sufficiente comprare carri armati e aumentare gli organici: servono industria efficiente, soldati addestrati e una strategia comune per evitare che la corsa agli armamenti si trasformi in un gigante dai piedi d’argilla. Berlino sembra decisa a guidare questa nuova fase, ma resta da capire se l’Europa – e la stessa Germania – avranno la capacità di trasformare il riarmo in vera forza militare e non in un semplice aumento di spesa.
L’Italia di fronte al riarmo tedesco
Il punto non è denunciare il protagonismo militare della Germania, ma constatare che Berlino ha compreso – forse prima di altri – che in un mondo instabile la difesa nazionale torna a essere una priorità assoluta. L’Italia, se non vuole restare irrilevante, deve fare lo stesso. La critica secondo cui “il riarmo tedesco lo paghiamo noi” è pura retorica: Berlino finanzia il proprio riarmo con fondi interni. Se c’è una “penalizzazione” per l’Italia è da ricercare nei meccanismi europei di finanziamento dei programmi industriali e tecnologici militari: se la Germania è favorita in questi bandi è perchè non è una nazione deindustrializzata come la nostra. Quindi, in ogni caso, dobbiamo guardare ai nostri problemi interni che direttamente o indirettamente ci penalizzano prima di rispolverare l’insopportabile retorica anti-tedesca. L’Italia deve avviare un percorso analogo: investire di più in difesa, rafforzare le forze armate, modernizzare l’industria bellica e rilanciare una strategia militare nazionale che sappia difendere gli interessi italiani, a partire dal Mediterraneo allargato. Continuare a rimanere spettatori, sperando che qualcun altro garantisca la sicurezza europea, significa accettare consapevolmente un ruolo da comprimari. La strada per non essere subordinati è semplice: dotarsi degli strumenti per non esserlo.
Sergio Filacchioni