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“Io non prendo lezioni”: una gioventù che ha oltrepassato la custodia del fuoco

by La Redazione
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Roma, 15 dic – Tutti conoscono quel noto aforisma d’area – erroneamente attribuito al compositore austriaco Gustav Mahler, ma pronunciato per la prima volta da un socialista francese – secondo il quale la Tradizione non si rinnoverebbe nell’adorazione delle ceneri, quanto piuttosto attraverso la custodia del fuoco. Ma la storia, piccola o grande che sia, per poter continuare a rigenerarsi ha bisogno che questa fiamma ad un certo punto vada oltre alla sua comfort zone. “Io non prendo lezioni”, il primo libro di Francesco Polacchi da oggi disponibile in libreria e su tutte le piattaforme, raccontandoci la genesi del Blocco Studentesco ci parla proprio di questa necessità. Di una generazione che non si è accontentata di portare avanti un testimone: al contrario ha scelto di farsi protagonista di una nuova narrazione.

Risposte non più sufficienti

Così Nervo – questo il soprannome dell’autore – ci porta, con un salto all’indietro lungo due decenni, nella vita di un ragazzo (all’apparenza) qualunque di un qualsiasi paese dell’Italia di inizio anni duemila. La scuola, gli amici, lo sport, le domeniche allo stadio, la musica commerciale. E poi le cotte, il primo amore, i conflitti generazionali con mamma e papà.

Ma siamo a Roma, allo stesso tempo cuore e polso della nostra Nazione. Negli anni in cui molto, se non tutto, stava cambiando: l’undici settembre, il G8 di Genova, la moneta unica e le guerre ‘democratiche’. E a quel ragazzo, nel pieno del vigore adolescenziale, le risposte preconfezionate di questa parte di mondo non erano più sufficienti. Non poteva esaurirsi tutto in un sabato in discoteca, in una rissa allo stadio o nel concerto di una grande rockstar.

Dagli anni di piombo agli anni di cuoio

Galeotta fu quindi una canzone (oggi “trasformata” anche in un consigliatissimo libro). Generazione ‘78, appunti in musica sugli anni di piombo. Una scintilla che ha portato il giovane Francesco a porsi interrogativi diversi da tanti suoi coetanei, quesiti che trovarono riscontro nella comunità organica di destino solita incontrarsi in un pub dell’Esquilino, il Cutty Sark.

Inizia così la “vita politica” di uno dei fondatori del Blocco Studentesco. Ma il volume nella sua prosa asciutta e cruda non parla solamente del protagonista. Anzi intreccia in maniera naturale i ricordi personali dell’autore con i momenti che hanno forgiato i camerati romani in un contesto ostile come quello della realtà capitolina: dall’occupazione del Farnesina agli scontri (fisici e non) nelle università, dall’assalto alla bolla del Grande Fratello ai fatti di Piazza Navona – senza ombra di dubbio i due casi che hanno avuto più enfasi mediatica. Fino all’intervento, tanto celere quanto duraturo, nelle zone colpite dal terremoto del 2009.

Storie di vita e militanza, di situazioni taglienti come lame e scelte pagate a caro prezzo sulla propria pelle. Senza compromessi, rimorsi né piagnistei. Scudo e spada, ma anche boccale per brindare agli dèi. Come in quella notte al Piper – famoso locale della Città Eterna – dove tra studenti, ballerine, musica non conforme e deejay radiofonici il Blocco Studentesco mise in piedi una ‘Disneyland del fascismo’. Se vogliamo (e fatte le dovute proporzioni: da una parte si moriva, dall’altra nel peggiore dei casi finiva a cinghiate) la determinazione e la spensieratezza che trasuda dalle pagine di “Io non prendo lezioni” ci ricorda lo stile di Mario Piazzesi nel suo “Diario di una squadrista toscano”.

“Io non prendo lezioni”

Ecco, non è un caso che qualcuno li abbia definiti ‘fascisti del terzo millennio’. Il volto punk-rock della politica italiana, aggiungiamo noi.

Quello che ricorda, quindi rivendica (rimandiamo ad un aneddoto del libro nel quale Polacchi spiega le sue ragioni a una semisconosciuta deputata, oggi figura di primissimo piano dell’alveo istituzionale). A distanza di quasi vent’anni il fulmine cerchiato continua ad accendere fuochi, senza prendere lezioni. Voce del verbo riconquistare.

Cesare Ordelaffi

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