
Fa quindi poca notizia la condanna inflitta nel Paese della dinastia Saud a un 21enne che nel 2012, quando aveva 17 anni, partecipò a una manifestazione antigovernativa.
Per questo “grave crimine”, l’uomo sarà decapitato e poi crocifisso in pubblico. La sentenza, emessa da un tribunale di Gedda nel maggio scorso, è stata confermata dalla Corte Suprema e dovrebbe essere eseguita in questi giorni.
Le crocifissioni in Arabia Saudita prevedono che il condannato venga prima decapitato, poi che il suo corpo sia esposto al pubblico a scopo di monito.
Dove saranno, ora, i professionisti dei diritti umani?
Giuliano Lebelli
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