
Ma sì, prendiamola sul ridere. Non si saprebbe come altro prendere, altrimenti, l’ultimo scoop della rivista del gruppo De Benedetti sul fatto che alcuni fascisti o presunti tali abbiano aperto dei “bistrot fascisti”.
L’editoria è un mondo duro e per racimolare qualche lettore bisogna sgomitare e lavorare di fantasia. Abbiamo quindi visto l’Espresso propinarci a stretto giro di posta un’inchiesta stile Epoca anni ’50 sul fatto che Hitler potrebbe essere fuggito in Sudamerica, un dossier sui soliti fascisti che si travestono dietro innocue ong scritto ricopiando quanto gli stessi movimenti scrivono apertamente delle loro organizzazioni settoriali (caspita che scoop) più qualche delirante nota da spy story internazionale del tutto inventata, e infine l’allarme sui bistrot fascisti.
L’autrice, Chiara Emiliani, segue le piste del suo caso Watergate personale con incredibile acribia, lasciando intendere di essere andata di persona a verificare le cose di cui scrive. Insomma, è andata al bar e ci ha fatto su un articolo: il prossimo Pulitzer è praticamente già assegnato.
Ma come rendere interessante un articolo di questo genere? Per esempio insinuando il dubbio che dietro il mondo dorato dei tramezzini e delle pizzette si nascondano particolari indicibili e segreti mefistofelici. Non serve documentare la cosa, basta buttar lì una domanda retorica ogni tanto tipo “Che scopi hanno?”. Perché da uno spritz si fa presto a tornare alle camere a gas.
Di per sé l’articolo strappa una risata e potrebbe finire qui, se non fosse che ovviamente “l’inchiesta” sortisce ben presto il suo unico risultato da prendere minimamente sul serio: fornire all’antifascismo militante e al teppismo dei centri sociali nuove liste di obbiettivi da colpire.

E così il cerchio si chiude, con la rivista patinata del gran capitale che soffia sul fuoco e i militanti ketaminici che si preparano a raccogliere l’imbeccata.

Giorgio Nigra