
La compravendita di organi è, secondo un’interpretazione della legge coranica, vietata per i musulmani. Asportare organi da un prigioniero in vita sarebbe invece ammissibile. Lo riporta una fatwa, una sentenza religiosa che apre a tale possibilità, offrendo così anche una solida base “spirituale” a Daesh per questa barbara pratica. La fatwa sarebbe stata scoperta a gennaio di quest’anno da militari americani durante un intervento in Siria, ma solo in questi giorni l’agenzia Reuters ne è entrata in possesso. Nel documento si legge che “La vita del dell’apostata e gli organi non devono essere rispettati e possono essere presi impunemente” e ancora: “A proposito degli organi che, se rimossi, pongono fine alla vita di un prigioniero: anche la rimozione di questo tipo non è proibita”.
L’esistenza della fatwa non implica necessariamente che l’Isis sia attivamente coinvolta del traffico di organi. Nel mese di febbraio, tuttavia, fonti americane rivelano che 12 medici sarebbero stati uccisi a Mosul per essersi rifiutati di effettuare operazioni di espianto. Inoltre, il giro d’affari stimato a livello mondiale supera abbondantemente il miliardo di dollari ed è costante aumento: si passa dai 20-60mila dollari per un rene ai 150mila e oltre per un pancreas o un polmone. Un business molto redditizio sul quale non è a questo punto escluso che lo Stato Islamico abbia già messo gli occhi per finanziare la propria guerra.
Roberto Derta